Categorie: Mostre

Mino Trafeli e gli anni della svolta: la mostra a Volterra

di - 2 Agosto 2023

Dall’oggetto allo spazio è il titolo della seconda mostra della trilogia espositiva dedicata all’opera di Mino Trafeli (1922-2018), dopo La scultura impossibile 2018-1980, inaugurata nel 2022 nel centenario della nascita dello scultore volterrano. Una mostra che, non a caso, cade a 50 anni esatti dalla storica rassegna di arte urbana nel sociale quale fu Volterra 73, di cui Trafeli fu la vera anima ispiratrice e il punto di raccordo tra la città, gli artisti che vi presero parte e il critico Enrico Crispolti.

Attaccapanni 1970 e Sedie impossibili 1970-74

Il 1968 segna la fase di rottura e di svolta per l’artista, che dalla fine degli anni ’60 decise di fare di Volterra il suo luogo esclusivo di lavoro e relazioni: opera del cambiamento è Omaggio a Martin Luther King, una statua “antimonumento” se vogliamo, non più dedicata a figure femminili o torsi maschili o al rapporto uomo/ambiente, che fin lì avevano costituito il suo immaginario naturalistico e post informale negli anni passati ad esporre con la Galleria delle Ore di Milano, ma al pastore attivista per i diritti degli afroamericani, ucciso a Memphis il 4 aprile del 1968.

Timbrismo 1975

Nel 1964 Trafeli aveva visto, nella storica edizione della Biennale di Venezia, a cui lui stesso era stato invitato ad esporre, le opere degli artisti che sarebbero diventati le nuove star del firmamento dell’arte internazionale (Rauschenberg, Dine, Johns, Oldenburg). Questa esperienza esploderà così nel 1968, l’anno della contestazione, prima col Martin Luther King, poi soprattutto con una serie di opere dedicate a spazi chiusi (esposti nella Biennale di Gubbio del 1973) e infine con oggetti del quotidiano come scarpe, sedie, biciclette, “impossibili” perché spiazzanti, in mostra presso la Galleria Antidogma di Torino nel 1974.

Saviniana 1969

L’esperienza Pop ovviamente avrà avuto modo e tempo di essere non solo ragionata e interiorizzata da Trafeli, ma a sua volta poeticamente deformata, da una parte appunto con oggetti messi fuori uso, dall’altra realizzati in vinile cucito (sulla scia di Oldenburg) come Attaccapanni del 1970 e Spazio chiuso-aperto-mobile del 1971. In pochi anni Trafeli getterà così le basi per le sue future azioni strategiche e fondative che, oltre all’impossibilità, utilizzeranno la modifica senza sosta di sculture con, spesso e volentieri, inevitabile distruzione finale, e una feroce ironia performativa. Non senza aver fatto comparire, quasi in sordina, un accenno alla scultura metafisica con Le rovine della metafisica del 1967 e con Saviniana del 1969 (mentre nel 1968 veniva coniato il termine “neometafisica” tanto caro alle Neoavanguardie italiane).

Saviniana 1969 e Le rovine della Metafisica 1967-1000

Di lì a performance e video nel corso degli anni ’70 il passo sarà breve. Schiumaperbarba, Concerto per lampadina, Il pranzo della famiglia eredità, Concerto per tromba in cubo di ghiaccio o Timbrismo sono le più penetranti delle sue opere video e performative in mostra, che documentano azioni in pubblico o a studio, un vero e proprio teatro collettivo e privato con cui l’artista avrebbe segnato una via nuova di fare scultura, praticandola cioè con altri mezzi, in ciò seguendo in pieno il precetto di Carmelo Bene per cui il cinema non si può fare col ma contro il cinema, e lo stesso discorso vale per il teatro, la musica, la scrittura.

Spazio chiuso 5 1972

Definendo gli anni tra il 1968 e il 1973 “anni della svolta” non si vuole solo evidenziare una rottura perentoria e irreversibile rispetto alle condizioni precedenti del fare scultura per Trafeli, bensì anche del fare scultura per un’intera epoca. Quei cinque anni sono il corrispettivo di quanto potremmo definire postmodernismo, con la decostruzione, la critica, la rimessa in gioco fino alla distruzione del concetto stesso di scultura, un processo che di per sé, e idealmente, Arturo Martini (a cui Trafeli ha reso omaggio) aveva anticipato con lo scritto Scultura lingua morta del 1945, auspicando un nuovo modo di praticare quell’arte, pena appunto la sua sparizione.

Spazio chiuso 4 1970

Che il postmodernismo di Trafeli arrivi fino al 1980, l’anno della liberazione della follia come forza creativa e (pro)positiva (si veda la legge 180 sulla chiusura dei manicomi su spinta dello psichiatra Franco Basaglia), testimonia dell’originalità del suo percorso, di vita e d’arte, connesso con le istanze politiche, sociali e culturali del suo tempo, nonché della sua città (con l’ospedale psichiatrico di Volterra e il più famoso dei suo internati, Oreste Fernando Nannetti, studiato da Trafeli, il quale farà di un padiglione dell’ex manicomio il proprio studio a partire dal 1979). Negli anni della svolta Trafeli sembra dunque liberare la parte più istintuale e regressiva della sua opera, poeticamente anarchica e distruttiva dei simboli del potere, di ogni potere, aspetti che non abbandonerà più fino alla fine della sua esistenza esteticamente anarchica (prese parte alla Resistenza clandestina col Partito d’Azione), ma che saprà tradurre in modi poetici, clowneschi, ironici, se vogliamo perfino favolistici e mitologici.

Spazio chiuso 3 1971

Tale spirito clownesco segue una visione personalissima della scultura appunto come azione, che nel corso degli anni ’70 svilupperà con rigore estremo, fino forse alla più estrema e coinvolgente delle sculture performative quali Pranzo della famiglia eredità del 1978 (inscenata la prima volta presso gli Incontri del Teatro d’Artista di Martina Franca). Le numerose trasformazioni e distruzioni che le sue opere subiranno nel corso dei decenni si motivano non come gesti di violenza, bensì di ri-creazione, sottoponendo le opere stesse a continue verifiche e revisioni. Atteggiamento favorito anche dalla sua scelta di vivere a pieno la sua professione, a partire dagli anni ’70, nella solitudine della propria città natale, pur se mai realmente isolato (nel 1995 verrà invitato da Gillo Dorfles alla Biennale di Venezia, mentre nel 2005 sarà invitato alla sua quinta Quadriennale di Roma). Un atteggiamento che gli permetterà realmente e felicemente di lavorare in piena libertà dalle costrizioni e ipocrisie del cosiddetto sistema dell’arte.

Spazio chiuso 5 1972 e Anelli con cinghie 1972

Il grande eroe di questi anni cruciali per Trafeli sarĂ  non a caso Marcel Duchamp, sommo iconoclasta sovvertitore delle regole, al quale sono dedicate in mostra sia opere grafiche, come Partita a scacchi a Pasadena del 1979, che in alabastro, come AmbiguitĂ  ardente del 1979, senza dubbio una delle piĂą poetiche delle sue sculture, per fortuna arrivata a noi immune nel corso dei decenni.

AmbiguitĂ  ardente 1979

Prossimo appuntamento con la sua opera sarĂ  nel 2024 quando si terrĂ , sempre a Palazzo dei Priori di Volterra, la terza e conclusiva delle mostre dedicate alla sua attivitĂ , riavvolgendone a ritroso i fili fino al suo avvio nel 1947.

Omaggio a Martin Luther King 1968

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