Nairy Baghramian (Premio Nivola 2023), Pratza ’e Domo. Una casa semiotica mai costruita. Nairy Baghramian, Phyllida Barlow, Nicolas Hsiung, Janette Laverrière, Rosemary Mayer, Win McCarthy, Julie Mehretu, Oscar Murillo, Paulina Olowska, Monica Sosnowska, Mariantonia Urru. Museo Nivola, Orani. Foto Andrea Mignogna
Il senso dell’abitare è un tema ricorrente nelle esposizioni temporanee del Museo Nivola di Orani poiché fu un concetto caro all’artista che nella piccola comunità nel cuore della Sardegna vide i suoi natali. Costantino Nivola (1911-1988) si interessava al rapporto tra spazio e comunità, una riflessione che ha percorso tanta architettura e arte a lui successiva, di cui il Museo Nivola si è spesso fatto ospitale lettore: dalla mostra del 2015 dedicata a Sabine Hornig, fino alla “macchina per abitare” di Christian Chironi nel 2018 e in tante altre occasioni. Un filo rosso che si rinnova con la mostra ideata da Nairy Baghramian, Pratza ‘e domo. Una casa semiotica mai costruita, curata da Giuliana Altea, Antonella Camarda e Luca Cheri.
Nairy Baghramian (1971), artista di origini iraniane, è considerata uno dei massimi talenti della sua generazione nell’ambito della scultura contemporanea. Già prima che realizzasse la serie Scratching the Back per la Facade Commission del Metropolitan Museum di New York, il museo oranese coltivava con lei importanti legami che sono culminati nel 2023 con l’assegnazione del Premio Nivola e che si rinnovano con l’esposizione in corso. Una parte del titolo della mostra, Una casa semiotica mai costruita, si riferisce a un precedente progetto dell’artista, per il Neuer Aachener Kunstverein, in collaborazione con Henrik Olesen. La prima parte, invece, è in lingua sarda: “pratza ‘e domo” significa letteralmente “piazza di casa”, un luogo esterno assimilabile al cortile, antistante alla dimora, talvolta consistente solo in una semplice panca accostata alle mura domestiche. Zona che, essendo fuori dalla casa, porta con sé tutte le tensioni e le possibilità di un luogo di confine: siamo dentro o fuori dallo spazio privato? Siamo in un luogo pubblico, di condivisione, o appartenente a qualcuno? E un’esposizione personale, così come un’opera, appartiene solo all’artista singolare, in un trionfo dell’ego, o è creata da più forze?
Su tali riflessioni la Baghramian si è soffermata altre volte con una prassi tesa al dialogo tra le arti e tra i suoi fautori, una comunione che anche in quest’occasione non ha mancato di rinnovare coinvolgendo nuovi e vecchi legami professionali. C’è posto per tutti nella casa pensata da Nairy Baghramian. Vi troviamo il rapporto con gli artigiani, come nel tappeto Spazio Negativo (2024), disegnato dall’artista ma realizzato dall’azienda di Mariantonia Urru a Samugheo. Trova spazio la messa in discussione dei confini, in Gate (2019) di Monika Sosnowska, nonché il difettoso e il non finito, che la Baghramian da tempo esplora con le sue sculture e i suoi oggetti. C’è spazio per tanti altri talenti e per ciò che si trova normalmente in una casa: sedie, specchi e persino fantasmi, come quello ideato da Rosemary Mayer (Fantasma di Mezza estate) e ricostruito dall’artista iraniana.
Nel paese di Costantino Nivola, che si muoveva sul confine tra scultura, architettura, design e grafica, troviamo ancora la comunione tra le arti a lui cara. Legame che trova nuova linfa e rende omaggio a chi la propria casa l’ha dovuta reinventare perché costretto alla fuga, come Nivola e la moglie Ruth Guggenheim che dovettero emigrare dall’Italia fascista per il loro pensare libero, per le proprie differenze. Differenze che, in questi mesi a Orani, trovano casa e un modo di comunicare sotto il tetto a capanna dell’ex lavatoio, ospitante ora le mostre temporanee, che aspetta i visitatori di Pratza ‘e domo fino al 3 novembre.
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