Museo Diocesano di Camerino, Marche
Camerino non è soltanto un centro di funzioni civiche e culturali, è un polo universitario vivo, una città nutrita di storia e spiritualità, autentico salotto di arte e fede inserito nelle valli del Chienti e del Potenza. Qui, vi sono custoditi gioielli architettonici come la Chiesa di San Filippo, la chiesa di Santa Maria in Via, la Cattedrale di Santa Maria Annunziata, la Basilica di San Venanzio, molte delle quali ad oggi inagibili a causa dei danni cagionati dal terremoto del 2016. Camerino gode altresì di monumentali palazzi: il Palazzo Ducale, ad oggi sede della facoltà di Giurisprudenza dell’Università, il Palazzo Zucconi e, naturalmente, il Palazzo Arcivescovile. Tutte le testimonianze ivi racchiuse custodiscono secoli di memoria e capolavori dell’arte sacra. Infine, la sua storia è irrimediabilmente intrecciata a quella della sua prestigiosa università, fondata nel 1336.
Il terremoto del 26 ottobre del 2016 ha segnato una ferita che, con fatica, il Comune, le autorità locali e la comunità si sforzano ancora oggi di rimarginare grazie ad un lavoro incessante di ricostruzione e restauro.
Così Piazza Cavour, fulcro della vita cittadina, si è animata di una folla gremita di giovani, residenti, figure istituzionali, studenti e turisti, riuniti per l’inaugurazione del Museo Diocesano e la riapertura del Palazzo Arcivescovile, un passaggio fondamentale per l’intera comunità camerte. Laddove nel 2016 regnava uno spettrale silenzio, oggi risuona l’applauso fragoroso di una folla plaudente che festeggia la riapertura, dopo 9 anni, di uno spazio museale dall’importanza culturale cruciale per la città di Camerino.
Con voce rotta dalla commozione, Barbara Mastrocola, Direttrice del Museo Diocesano di Camerino Giacomo Boccanera dal 2012, la quale ha seguito il progetto di ricostruzione sin dalla sua fase germinale, esordisce con queste parole: «Oggi non celebriamo solo l’inaugurazione di un museo ma la rinascita di Camerino. Dopo il MARec di San Severino Marche, questa è la seconda grande apertura che ho l’onore di accompagnare. Per me ha un valore speciale: Camerino è la città in cui lavoro da 15 anni, la città in cui ho mosso i primi passi nel mondo della cultura. L’ho vista rinascere dopo il terremoto del ‘97 e oggi assisto, per la seconda volta, alla sua rinascita dopo la distruzione. Il ritorno alla vita del Museo Diocesano e del Palazzo Arcivescovile è un dono immenso. Non si tratta di meri spazi espositivi ma di luoghi che custodiscono la nostra memoria collettiva: tavole rinascimentali, sculture, testimonianze di fede e di arte che narrano della nostra identità più profonda».
E ancora, con riferimento al volto rinnovato con il quale si mostrerà il Museo Diocesano, Mastrocola aggiunge: «Nel solco della tradizione, consegniamo alla città un museo pensato per parlare al presente e al futuro. Il nuovo allestimento non è solo la restituzione di una collezione di opere, ma un vero e proprio viaggio che accompagna il visitatore alla scoperta della nostra storia e nostra fede: un percorso tipologico che prende le mosse dalle immagini più antiche, tavole, affreschi, stendardi, i quali raccontano la devozione popolare. Ad essi segue la sala delle sculture dove le opere in legno e in pietra narrano la forza espressiva del rinascimento camerte; infine, si entra nelle sale delle grandi tele, esemplari del linguaggio maturo e monumentale della pittura del Cinquecento e dei secoli successivi.
«Il museo è stato restituito con grande cura e competenza alla sua dignità originaria. Qui, ogni pietra, ogni sala restaurata non rappresenta soltanto un intervento edilizio, ma un gesto d’amore verso la città e la sua storia». Spiega Mons. Francesco Massara, Arcivescovo di Camerino e San Severino Marche. «Questo edificio, tornato a splendere, torna ad essere casa della comunità, cuore pulsante che accoglie e che genera vita».
La collezione del Museo Diocesano riunisce testimonianze della fioritura artistica italiana e camerte attraverso i secoli e dell’intimo rapporto della città con il sacro.
Il percorso espositivo è articolato secondo un criterio tipologico e, in parte, cronologico: le sale dedicate alle tele ospitano dipinti dal XVI al XVIII secolo, con un’unica eccezione rappresentata da un’opera del Signorelli. Le prime stanze riflettono invece la produzione locale, testimonianza dell’autonomia politica e culturale di Camerino, che fino al Cinquecento godette di un’indipendenza quasi completa dallo Stato Pontificio. La novità rispetto al 2016 risiede in primo luogo nell’aggiunta di molte opere, accanto a quelle originariamente custodite, asportate alle chiese danneggiate dal terremoto situate nei paesi maggiormente colpiti: Ussita, Castelsantangelo sul Nera, Visso. Tra queste la Madonna del Duomo, che ha subito un’importante opera di restauro o Il Tiepolo di Camerino, originariamente collocato nella Chiesa di San Filippo. Tra i capolavori più rilevanti figurano i due dipinti di Valentin de Boulogne, provenienti dalle porte della sacrestia di Santa Maria in Via, e raffiguranti due penitenti San Giovanni Battista e San Girolamo. Testimonianza l’influenza del caravaggismo sul pittore francese, ne mantengono i fondi scuri e il realismo vigoroso ravvisabile nelle carni mangiate dalla mortificazione corporale. Un terzo Valentin de Boulogne ritrae ancora San Giovanni Battista e proviene da Apiro, anch’esso in diocesi di Camerino, ed è legato alla committenza romana di Gian Giacomo Baldini.
Proprio nel Museo Diocesano è custodita anche l’Apparizione della Madonna e del Bambino a San Filippo Neri, tra le testimonianze più pregevoli di Giambattista Battista Tiepolo e della sua maturità artistica. Commissionata dalla famiglia Foschi per la chiesa degli oratoriani e realizzata tra il 1739 e 1740, il dipinto rappresenta San Filippo nel frangente dell’estasi scaturita dalla lettura del testo liturgico. A dominare la scena è la visione della Madonna col Bambino e la contestuale discesa dello Spirito Santo, raffigurato negli stucchi dorati al di sopra della pala. È un chiaro riferimento alla Pentecoste, tema dominante della santità di Filippo Neri e della sua agiografia. Il candelabro, privo della sua candela, allude alla passione di Cristo.
Le altre sale sono dedicate alle suppellettili liturgiche e oreficerie, paramenti sacri, navicelle per contenere l’incenso e turiboli per bruciarlo, sculture lignee, che costituiscono un espresso richiamo alla devozione popolare e all’importanza della liturgia.
Il Museo Diocesano acquista il valore simbolico di ricostruzione dopo il terremoto e rappresenta la seconda grande apertura dopo quella nel 2022 del MARec, Museo dell’Arte Recuperata, altro importante spazio espositivo situato a San Severino Marche che ha accolto le opere salvate dal sisma. Un museo, questo, che ha la funzione di proiettarci sul domani, poiché conserva i capolavori in trepida attesa della ricostruzione dei luoghi e delle chiese cui potranno fare ritorno. il MARec è anche spazio di “cura” dei beni culturali danneggiati in quanto al suo interno vi è un laboratorio di restauro e allo stesso tempo è un luogo di riparo, custode di valori, identità e fiducia agli abitanti di questi territori. Il Palazzo Margarucci Scina Gentili, sede del museo, ospita un patrimonio inestimabile di opere “salvate”. Tra queste, un’imponente affresco raffigurante l’ultima cena risalente al 1431 e proveniente dalla Chiesa di San Martino dei Gualdesi, tra le chiese principali di Castelsantangelo; esemplari della scuola pittorica caldarolese quali la pala d’altare di Nobile di Francesco da Lucca originariamente appartenente alla Chiesa di Santa Croce; la Madonna col Bambino in trono tra i santi Giuseppe e Girolamo di Giovanni Andrea de Magistris e asportata alla collegiata di San Martino.
Restituzione è la parola che più di ogni altra emerge, con forza simbolica, da queste due inaugurazioni. Restituzione di un patrimonio di arte sacra capillarmente diffuso nei comuni e nelle frazioni del territorio diocesano, finalmente riconsegnato alla comunità locale, cui è stata negata per lungo tempo la fruizione dei propri luoghi di culto e di fede. Una sentita partecipazione, un vasto coinvolgimento popolare segnalano che questo traguardo è in realtà un messaggio di speranza e motore per la ricostruzione di domani poiché i segni della devastazione solcano ancora le strade di Camerino e di tanti altre frazioni lacerate dal cataclisma.
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