Le giornate di chiusura di qualsiasi manifestazione da sempre sono soggette ad una responsabilità non indifferente. Da una parte si assumono il compito di chiudere (e quindi di riassumere), dall’altra hanno il dovere di lasciare un buon ricordo. Devono insomma rispondere a certe caratteristiche ed essere rassicuranti ma anche imprevedibili. L’ultima giornata di Dissonanze 2003 ha preso due direzioni: di pomeriggio ha privilegiato le sonorità minimali e d’ambiente, la sera invece quelle dance (nel senso migliore del termine).
Al Chiostro, dov’era in programma la seconda ed ultima giornata della rassegna Nor’Digital, si sono alternati durante tutto il pomeriggio Alog (Nor), Mikael Stavostrand (Sve), Andreas Tilliander (Sve) e il più famoso Vladislav Delay (Fin). Ciò che ha colpito è stata l’omogeneità dei quattro, sicuramente diversi fra loro,
La sera, negli spazi di testaccio del Macro, il live set di Keith Tenniswood (Radioactive Man) , Dj e produttore apprezzato in tutto il mondo, è stato decisamente convincente e sicuramente lineare nel suo ruolo introduttivo (quasi preparatorio). Una buon’ora di suoni taglienti e soffocati, fra electro e techno, immersi in un tessuto ritmico di cupa drum ‘n bass. Un set molto intenso, forse il migliore dell’intera giornata.
A seguire, una delle performance più attese: quella di Drew Daniel, uno dei due Matmos, che col progetto parallelo solista The Soft Pink Truth ha sondato percorsi elettronici tech-house soffici ma allo stesso tempo di carattere, addirittura privi, dal vivo, di quella patinatura presente nelle corrispondenti produzioni discografiche.
Chiusa la performance di Daniel, sul palco è salito Andrew Waterhall, musicista e produttore affermato, questa volta nelle vesti di Dj. Un set crescente, pieno di groove e rumorismi, a cavallo fra l’opacità elettronica e il
Ma il secondo ed ultimo dei due dj set doveva essere quello decisivo. Miss Kittin avrebbe potuto prendere la direzione sbagliata se solo non si fosse resa conto di suonare in un festival, e non in un club alla moda. Ma la regina dell’electroclash, che viene da un passato electro-techno sicuramente meno visibile e (suo malgrado) meno modaiolo, ha aperto il set con una serie di pezzi graffianti e minimali, ai limiti della staticità, per poi partire gradualmente verso due ore di trascinante mentalismo dance di scuola techno ed electro. Miss Kittin ha insomma continuato, anche osando, lungo la direttrice della serata, chiudendola fra gli applausi di un pubblico numeroso e affascinato.
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valerio mannucci
[exibart]
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