Categorie: Musica

Trame Sonore 2025 è stato un viaggio musicale tra i tesori di Mantova

di - 27 Giugno 2025

Mantova, si sa, è città di rara bellezza, il classico tuffo nel passato che l’italica storia di corti e borghi offre nella sua unicità. Turisticamente ben accudita, non avrebbe bisogno d’altro per essere apprezzata dal viandante dello spirito. Invece, insaziabile, da 13 anni, fra maggio e giugno Mantova consente a quel viandante di aggiungere alla visione delle sue bellezze e al gusto della culinaria l’ascolto, come si dice, di musica “alta”, in un curioso cortocircuito che sovrappone al Rinascimento gli stili del repertorio strumentale e vocale, dal Seicento alla contemporaneità. Non è un caso che Trame sonore abbia trovato presto come nume tutelare una figura poliedrica come il grande pianista Alfred Brendel, che con delicatezza ha consentito che il festival mantovano svolgesse il suo programma fra il 29 maggio e il 2 giugno per lasciarci novantaquattrenne, il 17 giugno scorso.

Trame Sonore 2025
Trame Sonore 2025

Il programma: qualcosa come 150 concerti che hanno coinvolto quasi 300 artisti, molti dei quali si sono esibiti più volte nel corso delle giornate. Concerti brevi, distribuiti in luoghi vicini fra loro. Ecco allora che appassionati e turisti italiani e stranieri han potuto ascoltare capolavori affidati all’interpretazione di solisti di spessore, in spazi di stupefacente bellezza non pensati per la fruizione musicale ma adattati con accorgimenti che ne miglioravano l’acustica. Fra le novità di quest’anno il ritorno alla sontuosa Sala di Manto all’interno di Palazzo Ducale, o i festeggiamenti nella Sala dei Cavalli per i cinquecento anni di Palazzo Te.

E musica s’è fatta, sempre in Palazzo Ducale, nella Galleria degli Specchi, nella Sala dei Fiumi, ma anche nel magico Teatro Bibiena, nel Salone degli Arazzi del Palazzo vescovile, nel raccolto Palazzo Valentini o nella Rotonda di San Lorenzo, che offre un’esperienza d’ascolto quasi unica, seduti a ridosso degli esecutori. Suoni antichi nella Basilica di Santa Barbara, e ancora nella new entry del Museo Virgilio. Trame come intrecci di tematiche e di omaggi: il centenario dalla nascita di Luciano Berio, con Folksongs, Canzoni popolari e alcune delle Sequenze, i cinquant’anni dalla morte di Dmitri Shostakovich, del quale il festival ha dato un ricco saggio della produzione cameristica.

Impossibile raccontare tutto. È già molto dire di un paio di giorni di visita, muovendosi nel caldo già aggressivo da un luogo all’altro, all’inseguimento di splendidi musicisti. Anzitutto l’artista in residence e grande amico del Festival, il pianista Alexander Lonquich, fra l’altro straordinario accompagnatore pianistico negli struggenti Liederkreis op. 39 di Schumann e nei britteniani Sonetti di Michelangelo con l’ospite d’onore di quest’anno, la star inglese Ian Bostridge.

Ian Bostridge e Alexander Lonquich

Tenore come l’ottimo Blagoj Nacoski, che con l’imprescindibile Orchestra da camera di Mantova ha dato in prima italiana Night di Francesco Filidei, autore anche di belle trascrizioni di Merula e Trabaci. Il giorno dopo, il tenore montenegrino, accompagnato con sensibilità dal pianista Luca Ciammarughi, ha espresso il meglio di sé in una tessitura più adeguata, rivelando in alcune liriche da camera un lato inedito, sin sereno, di Shostakovich.

Blagoj Nacoski e Orchestra da Camera di Mantova

E restando sempre sulle voci, il soprano Gemma Bertagnolli, una delle anime pulsanti di Trame sonore, coinvolgente nel canto, squisita nel racconto e versatile nella proposta di tre distinti programmi, ultimo dei quali, una Liederabend (in realtà all’ora del matinée), con canzoni mozartiane presentate in un luogo che più appropriato non si può, quel Palazzo d’Arco che nel 1770 vide e ascoltò proprio Mozart quattordicenne. Con Gemma, al fortepiano l’impeccabile Alessandro Stella.

Gemma Bertagnolli e Alessandro Stella

Sempre fra i mattatori della tastiera, Francesco Libetta, che suona con il giovanissimo Aylen Pritchin la Sonata per Violino di Sostakovich, a tratti di vertiginosa difficoltà per entrambi gli esecutori. Musica “alta”, si diceva, ma anche vitalizzata da incroci e intarsi (brutta parola, “contaminazioni”…) con altri generi. È piaciuta l’idea di presentare le stesse musiche brasiliane in versione quartettistica, ad opera del bravo violoncellista nordestino Bruno Lima, in due contesti differenti: il pomeriggio nella Sala di Manto, la sera in Piazza Leon Battista Alberti, dove al quartetto d’archi si aggiunge il clarinettista Gabriele Mirabassi, che nel frattempo aveva già eseguito il Quatuor pour la fin du temps di Messiaen, e, altrove, Gerswhin e Bernstein con il pianista Andrea Lucchesini, che a sua volta ha regalato al Bibiena con il Quintetto di Shostakovich con altri ottimi archi. Tornando ai brasiliani, il citato Bruno con ironia rammenta fra gli autori proposti due grandi della sua terra che portano un cognome famigliare in quel di Mantova, Luiz e Chiquinha Gonzaga. Giochi, rimandi, allusioni. Trame.

La cosa più bella che si può pensare di un interprete è il desiderio di riascoltarlo. Questo è avvenuto con Miriam Prandi, giovane violoncellista mantovana che sostituisce all’ultimo il Coro MusicAeterna e ci offre una prima Sonata di Brahms dove spazia fra gesto appassionato e sfumature di grande delicatezza, cerca lo sguardo del partner musicale, il pianista Georgy Tchaidze, e lo fa non per esibizione ma per intima necessità.

Miriam Prandi

Questo il parziale racconto dell’edizione ’25. La prossima uscirà, come Artemide dalla testa di Giove, da quella di Carlo Fabiano, direttore artistico e guardia del corpo di questa preziosa creatura. L’invito è a organizzarsi con anticipo, acquistare i biglietti (ampia scelta, dai Pass ai singoli ingressi), e correre felici per la città virgiliana, per seguirli tutti quei brevi concerti, magari saltando un pasto (a proposito, ottimo il Bistrot degli Artisti in piazza Sordello, con l’immancabile sbrisolona fatta dalla nonna e servita dal nipote) o rischiando di restare lì, l’ultimo giorno. Già, perché, generoso come sempre, il grande Lonquich spiega il doloroso finale della Sonata per Viola (Lawrence Power) e pianoforte di Sostakovich facendola precedere da una versione del celebre Chiaro di Luna di Beethoven al cui modello ritmico il grande maestro russo s’ispira. Con la conseguenza di “sforare” la durata prevista, e con ciò, blindati nella bomboniera di S. Lorenzo, rischiando di farti perdere l’ultimo treno per lasciare Mantova e tornare a casa. Corse salutari, per la mente, per il corpo, per il cuore…

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