Sergio Fermariello (Napoli, 1962) continua il viaggio a ritroso nella storia collettiva, alla ricerca di simboli evocativi. Schiere di guerrieri, scrittura arcana e codice genetico insieme, riaffiorano dalla memoria ancestrale sepolta nelle viscere della storia dell’umanità. Gli infiniti Io-Guerrieri divengono per l’artista una necessità impossibile da eludere. Chiedono di rinascere, parlare alla contemporaneità, rivelarsi sulla tela armati solo di lancia e scudo.
“I nostri simboli ” dice l’artista “ evocano i rischi, insorgendo, un po’ come se volessero ammonirci, e tornano quasi come le foreste dei drammi shakespeariani. Cioè perturbano”.
Questa volta gli antenati hanno invaso la certosa di Capri. Nell’isola, condannata dalla propria vocazione mondana ad essere chiassoso palcoscenico di una società gaudente che ama i riflettori, i guerrieri di Fermariello si sono ritagliati un angolo da cui innalzare il proprio silenzio. Prima di essere dimora di imperatori e meta estiva di sceicchi e pop star, l’isola era abitata dagli stessi ‘omini’. Li ritroviamo nelle circa trenta opere esposte, sulle tele d’oro, sulle carte e sui fogli di rame che si fendono come superfici di antichi vasi in terracotta. L’artista si fa bambino e, attraverso il segno primitivo, delinea sulla carta, con grandi pastelloni colorati, i profili dei guerrieri. Attraverso una dedizione attenta e paziente, lavora preziose superfici in oro e argento. Il gioco infantile diviene subito rituale. Maschere, piccoli uccelli e figure di oranti, incedono lenti negli spazi della Certosa.
L’Oro e l’argento accanto al bronzo, all’acciaio e all’ottone, con cui l’artista realizza le maschere di ispirazione azteca, orchestrano la solennità di un’esposizione che rievoca cerimonie antiche. Le maschere sono sospese al soffitto, la superficie è liscia, gli occhi e la bocca sono spalancati come per parlare. E’ quasi banale pensare alla mitica maschera di Agamennone. La maschera -come immagine per eccellenza dell’antenato- conserva, fermandola per l’eternità, l’espressione di un uomo anche dopo la sua morte ed è veicolo attraverso il quale il defunto continua a comunicare.
Ritroviamo le figure oranti o uomini-larva, che percorrono la sua produzione dalla metà degli anni Novanta fino al più recente Giglio realizzato per Nola. Ora l’artista li chiama Dioscuri . S’intrecciano simulando il ricongiungersi dei due gemelli, l’eterno avvicendamento tra vita e morte, tra Ade e Olimpo, che dona loro l’immortalità. Tanti piccoli uccelli neri contemplano dall’alto.
La mostra di Capri è un’anticipazione di quanto l’artista sta preparando per la personale, prevista in autunno, negli spazi del partenopeo Castel Sant’Elmo. Dopo la tappa napoletana, Fermariello porterà il proprio lavoro a New York perché se, come dice, “è nel contrasto della contemporaneità che gli antenati si risvegliano e che il naufragio avviene di fronte al disastro”. E allora Ground Zero diviene quasi una tappa obbligata.
francesca boenzi
mostra visitata il 9 settembre
Sergio Fermariello
Certosa di San Giacomo, Via Certosa, Capri.
A cura di Angela Tecce
Orario:tutti i giorni 9-14; lunedì chiuso
Ingresso libero
Info: 0818376218 (info)
[exibart]
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