Una miriade di cubi in polistirolo, appoggiati gli uni sugli altri secondo un movimento di torsione, avvolgono lo spazio generando un senso d’oppressione. Gli occhi, d’istinto, volgono in alto. Ma anche il soffitto è fatto di bianchissimo polistirolo, in questo caso di sfoglie, che si intrecciano formando spigolosi nodi geometrici. Girando tra le stalagmiti in polistirolo si ode una ossessiva nenia: è un loop di The Hall Of Mirrors (1977) dei Kraftwerk, canzone dal potere ipnotico. Si sta camminando in Cave, l’installazione site specific rappresentante una grotta, intesa, secondo arcaiche tradizioni, come luogo d’iniziazione dei fanciulli. E ogni riferimento al mito della caverna di Platone non è puramente casuale. Nel mito del filosofo c’è l’uomo curioso di capire com’è il mondo fuori dalla caverna; nella personale dell’artista c’è il bambino voglioso di uscire dalla pubertà. Da una parte un uomo che capisce, dall’altra un giovane che cresce.
Oltre la caverna troneggia sul cinereo pavimento in resina il Blob, scultura dall’azzurro accecante fatta di chili di dentifricio alla menta. La massa informe dà l’idea di un diamante in via di liquefazione le cui linee è difficile seguire. Quest’opera dalla materica plasticità, mutando in continuazione a seconda della prospettiva dalla quale la si osserva, ricorda lo stato volubile dei giovani in fase di crescita.
I repentini cambi d’umore giovanili raggiungono poi la
Nell’altra stampa fotografica, Ghosts, Gobbetto immortala le scritte su un cartellone di un camping. Queste parole, slavate dalla pioggia, hanno perso la loro originaria forma e, divenute indecifrabili, hanno assunto l’aspetto di fantasmi.
L’ossessione per il mutamento si riscontra in tutte le opere esposte. La stessa mostra impone un continuo cambiamento dell’uso dei sensi percettivi, si passa dall’osservazione all’ascolto, dal tatto all’olfatto, il mutare è un continuum. Primeggia l’accanimento per la forma che non è ancora forma e che forse preferirebbe non diventarlo. È bene crescere? È bene cambiare? Forse in Shapeless Shape si troverà la risposta.
luigi rondinella
mostra visitata il 7 aprile 2006
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certo, se la galleria fosse aperta e la mostra si potesse vedere sarebbe ancora meglio