Ci sono oggetti che non sollevano problemi per l’intelligenza ed altri si, perché colpiscono il senso con impressioni tra loro opposte. Lo diceva Platone tanto tempo fa’, ma non c’è concetto più azzeccato per esprimere l’approccio dell’uomo moderno di fronte ad un’opera d’arte
contemporanea.
Gli oggetti che si fanno strada nelle gallerie spesso ti lasciano perplesso, disorientato, “cavolo, cos’è questo? Cosa c’entra qui?”, i criteri classici di valutazione estetici sono ormai remoti e ad arte nuova deve corrispondere una critica nuova. Da circa cinque anni a
Napoli si è fatta strada una rivista d’arte che va proprio in questa direzione: capire il lavoro degli artisti partendo dal valore immanente dell’opera e partecipando al flusso creativo da dentro e non ponendoselo come oggetto. In un periodo di media sempre più aggiornati e così poco incisivi ben venga questo piccolo ma utile strumento per la comprensione.
Nel numero corrente si parla di YBA(Young british art) con un taglio semplice, delucidante, mai banale approfittando della presenza a Napoli di alcuni artisti inglesi e del supporto del British Council; Damien Hirst e le sue fustelle scacciapensieri, Johnnie Shand Kydd, Anish Kapoor che ha lanciato (con Tarantatara ) una sfida spaziale alla piazza simbolo di Napoli, e soprattutto l’ossessionata Tracy Emin che sembra catalizzare benissimo le rimozioni e i sensi di colpa degli uomini d’oggi. Da notare anche un’
intervista volante al grande Mimmo Paladino.
E a voi non è mai capitato di essere stati fermati all’uscita di qualche mostra, cinema, evento da un redattore del giornale che vi offre due chiacchiere una sigaretta ed un giornale in bianco e nero?
Ciro Di Nardo
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