Vigne Museum, progetto di Yona Friedman con Jean-Baptiste Decavèle, vigneti Livio Felluga, Rosazzo, 2022. Crediti fotografici Caterina Erica Shanta
Sarà presentato oggi, 16 giugno, a Udine, alla Libreria Martincigh di Udine “Ephemera Festival di Cultura Immateriale“, il primo in Italia, ideato, curato e diretto da Eleonora Cedaro, Michela Lupieri e Rachele D’Osualdo, che proporrà eventi fino all’autunno (potete trovare programma completo qui). Dopo la presentazione verrà inaugurata la mostra “Here, There & Everywhere” di Riccardo Arena, Cristina Burelli, Michela Lupieri.
«Immaginato e progettato come un Festival per tutti: per le comunità che abitano i suoi luoghi, per le persone curiose di tutte le età e nazionalità, “Ephemera” accenderà i riflettori su alcuni luoghi simbolo del patrimonio naturale e artistico della regione Friuli Venezia Giulia — Prato d’Arte Marzona, Vigne Museum, Palazzo Lantieri, Libreria Martincigh e Trieste Contemporanea — attraverso un ricco calendario di eventi distribuiti da maggio a ottobre che intrecceranno diverse discipline: performance di danza, musica contemporanea e sound art, una residenza d’artista, mostre di arti visive, laboratori artistici e sportivi», ha anticipato le fondatrici.
Ne abbiamo parlato con il team curatoriale nell’intervista qui sotto.
Come sono nati il Festival Ephemera e l’esigenza di porre l’attenzione sulla cultura immateriale?
«Nasce dalla necessità di raccontare il contemporaneo e dalla consapevolezza che esiste un patrimonio immateriale che non si vede, è difficile da definire e che rischiamo di dare per scontato. Una consapevolezza fortemente legata al nostro tempo, che lo racconta e lo definisce. Abbiamo provato a riportare al centro l’essenza dell’arte, della socialità, del collettivo, di un tempo che ne ha minato la possibilità di accadere; abbiamo voluto condividere un bene comune necessario e che appartiene alla comunità. Michela Lupieri ed Eleonora Cedaro hanno accolto l’invito della Regione Autonoma Friuli Venezia Giulia e la fiducia di ETRARTE, ente capofila, che con Rachele D’Osualdo hanno reso l’idea curatoriale una solida realtà progettuale. Pensiamo che in questo risieda l’essenza del progetto: una visione appassionata del contemporaneo e una rete di partner, professionalità della cultura, Enti, Fondazioni, Istituzioni e non ultimo il prestigioso sostegno di una rete di cultural mentors rappresentative dei presidi culturali del territorio».
Quale tipo di interazione con il territorio propone il Festival e come sono stati scelti gli enti coinvolti?
Abbiamo coinvolto le comunità che abitano i luoghi, le piccole associazioni culturali e si sono attivate delle inusuali sinergie – pensiamo al Coro Zahre di Sauris, che ha collaborato con Melucci. Ma ci siamo rivolte anche a realtà più strutturate che, a seconda del campo di appartenenza, portano avanti con tenacia una programmazione di qualità e una visione a lungo termine – come Trieste Contemporanea, Libreria Martincigh, Vigne Museum e CREAA, impresa culturale ci ha prese per mano accompagnandoci nel raccontare Ephemera».
Quale progettualità ha il Festival per il futuro?
«In questa prima edizione abbiamo attivato una rete molto forte: al supporto della Regione si è unito il sostegno di Fondazione Friuli e Fondazione Pietro Pittini e molte sono state le candidature e le proposte che abbiamo già ricevuto per le future edizioni. Fondamentale sarà attivare una rete di sostegno trasversale fra pubblico e privato, consolidare ed allargare la platea di chi vorrà credere che ciò che dura “un sol giorno” è necessario perché riverbera a lungo in un’eco potente e vitale».
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