Giuseppe Buzzotta, L'angelo della finestra. Installation view, Massimo Ligreggi Catania
Inaugura oggi, a Catania, la prima mostra personale di Giuseppe Buzzotta nella galleria Massimo Ligreggi. Accompagnata da un testo di Davide Ferri, la mostra prende il titolo da un un grande romanzo cecoslovacco “L’angelo della finestra d’Occidente” di Gustav Meyrink.
Innegabile, dal punto di vista del linguaggio pittorico, è la ricerca che da sempre anima Giuseppe Buzzotta: dettagli di realtà, tessuti, panneggi, pieghe, voragini, increspature, vortici, movimenti dell’aria, riccioli e volute. Attraversiamo la pittura classica, quella barocca, quella novecentesca, trovandoci dinnanzi a tele che semplicemente sono. Non importa che cosa né perché, sono.
Davide Ferri, accompagnando Buzzotta, ci stimola delle possibili letture. Così per esempio in “Vista di Carini” «il titolo spinge l’immagine di una superficie accartocciata (che si stringe a spirale attorno a una protuberanza o ricciolo al centro) verso il paesaggio, un paesaggio visto dall’alto come in fondo accade in molti lavori, i cui movimenti vorticosi richiamano, tra le altre cose, quelli dell’aeropittura futurista; così come in “Alle Ninfe” il rigonfiamento della materia provoca al centro una depressione, un vuoto che fa pensare a una cavità o una grotta, dunque ancora al paesaggio.». In “Al potere che in se stesso crolla” invece «l’immagine sembra dar vita a un accenno di spazio, un ambiente angusto, come un ripostiglio o una stanza dimenticata, nel quale si intravvedono (in forma frammentaria e disarticolata) alcuni basamenti e statue, il potere a cui il titolo fa riferimento, segnate dalla polvere e in uno stato di abbandono».
Le opere di Giuseppe Buzzotta sono sostenute da forze nascoste. Ed è proprio lui a tenderci la mano affinché possano intersecarsi con tutte le emanazioni spazio-temporali e relazionarsi a noi. Gli abbiamo fatto qualche domanda.
Quale immaginario figura nella tua mente l’angelo della finestra?
«Cito Davide Ferri, come scrive nel testo che accompagna la mostra dopo alcune conversazioni e scambi che abbiamo avuto: «Per un periodo, anni fa, Giuseppe si è ritrovato per più tempo del previsto con un grosso buco nello studio, mentre alcuni operai costruivano una porta di collegamento tra la casa adiacente e lo studio, un lavoro che subì un rallentamento per via della scoperta inaspettata di un grosso pilastro da rimuovere nelle fondamenta. Per mesi, dunque, Giuseppe ha dipinto in compagnia di quel buco, guardando quel buco, e in quel buco ha immaginato molte volte di veder comparire all’improvviso un angelo, ma non l’angelo che l’iconografia cristiana ci ha tramandato. Direi piuttosto: un angelo demone, un angelo nero, un angelo sporco di fuliggine e polveri di calcestruzzo, un angelo bestia, o semplicemente un angelo fantasma o spettro come le figure di Meyrink. Guardandoli bene, i suoi dipinti mi sembrano parlare di questo: fantasmi, fugaci apparizioni, ombre di realtà».
Quale processo di pensiero sottende e accompagna la mostra?
«Ci sono delle forze interne a queste immagini dipinte , che prendono direzioni incontrollate e improvvise. Salgono, scendono , evaporano , si cristallizzano e sono tutti segni. Movimenti, gesti e visioni . Visioni di una memoria storica dell’immaginario».
Da dove viene e in che direzione sta andando la tua ricerca?
«Viene dalla materia. Dalla materia che uso per costruire i lavori, da quella organica del mio corpo, da quella sottile degli immaginari e da una sottilissima, impercettibile ma strutturale che permea ogni forma visibile del reale e non, direi sempre vivente . Anche quando parliamo di pigmenti o Pietre, sempre materia vivente .E va verso la materia ma attraverso un moto evolutivo , spiraliforme . Non regolare».
Un’ultima domanda è riservata a Massimo Ligreggi:
Come è nata la collaborazione con Giuseppe e come si inserisce nella visione che persegui con la tua galleria?
«Ho conosciuto Giuseppe tanti anni fa a Palermo presso il suo spazio L’A,project, di cui era co-ondatore e co-curatore. All’epoca non ero ancora gallerista ma ero presidente di Arte giovane Sicilia. Il suo lavoro mi piacque molto e non passò certamente inosservato tant’è che negli anni successivi l’ho sempre seguito fino ad oggi. Giuseppe si inserisce perfettamente con i progetti artistici della galleria. Pittura, colori, espressioni artistiche, radici siciliane, sono in sinergia con il mio progetto artistico contemporaneo in continua evoluzione».
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