Bianca Attolico fotografata da Daniela Perego, 2007
Da domani, 20 ottobre, a Roma, al Casino dei Principi di Villa Torlonia, la mostra “La Signora dell’Arte” dedicata alla collezione di Bianca Attolico (1931-2020), scomparsa lo scorso gennaio. La mostra, con attraverso una sessantina di opere ripercorre un secolo di storia dell’arte, è curata da Ludovico Pratesi, in accordo con gli eredi Lorenzo ed Elena Attolico.
L’esposizione, aperta al pubblico fino al 17 gennaio 2021, è promossa da Roma Capitale, Assessorato alla Crescita culturale – Sovrintendenza Capitolina ai Beni Culturali e dalla Fondazione La Quadriennale di Roma, alla quale è stata donata la Biblioteca d’Arte di Bianca Attolico. L’organizzazione è di Zètema Progetto Cultura e l’iniziativa fa parte di Romarama, il programma di eventi culturali promosso da Roma Capitale.
La mostra riunisce «circa sessanta opere della collezione, tra dipinti e sculture, divise in sezioni per ordine cronologico, che ripropongono l’atmosfera intima e domestica dell’appartamento della Attolico, punto di incontro del mondo dell’arte romano per più di trent’anni. Una collezione che attraversa un secolo di storia dell’arte», ha spiegato l’organizzazione.
«Il percorso espositivo si apre al piano terra, con le opere dei maestri della prima metà del Ventesimo Secolo (Giacomo Balla, Giorgio de Chirico, Giorgio Morandi, Mario Sironi) accostate ai dipinti di alcuni protagonisti della Scuola Romana (Ferruccio Ferrazzi, Mario Mafai, Fausto Pirandello, Alberto Ziveri). Segue la sala dedicata agli artisti degli anni Cinquanta e Sessanta (Alberto Burri, Enrico Castellani, Lucio Fontana, Joseph Kosuth, Francesco Lo Savio, Fabio Mauri, Piero Manzoni, Pino Pascali, Mario Schifano) per proseguire con gli anni Settanta e l’Arte Povera (Getulio Alviani, Pier Paolo Calzolari, Gino De Dominicis, Jannis Kounellis, Sol LeWitt, Luigi Ontani)».
«Al secondo piano la mostra documenta l’arte dagli anni Ottanta a oggi, per testimoniare l’apertura di Bianca Attolico verso le ricerche sperimentali di artisti italiani e stranieri. Si comincia con le opere degli artisti della Scuola di San Lorenzo, ai quali la collezionista era particolarmente legata (Domenico Bianchi, Bruno Ceccobelli, Gianni Dessì, Nunzio) per proseguire con la sezione dedicata al contemporaneo (Vanessa Beecroft, Regina Galindo, Alfredo Jaar, William Kentridge, Nicholas Llobo, Jonathan Monk, Vik Muniz, Santiago Sierra, Wolfgang Tillmans, Jan Tweedy Vedovamazzei, Francesco Vezzoli e altri). La mostra è arricchita da una serie di fotografie che ritraggono Bianca Attolico in compagnia degli artisti che ha frequentato», ha proseguito l’organizzazione.
«Coraggiosa, anticonformista, appassionata. Amava l’arte come sistema di vita, che non si esauriva nell’acquisto dell’opera. Per Bianca l’opera era lo strumento per arrivare al pensiero dell’artista, che voleva comprendere e, nel caso, mettere in discussione. La sua casa ai Parioli era un luogo dove condividere con gli amici le questioni relative al mondo dell’arte, intorno a pranzi e cene che si trasformavano spesso in vivaci discussioni tra artisti, curatori, galleristi e altri collezionisti. Qualche tempo fa l’ho battezzata “La Leonessa dell’arte” , pronta a ghermire i giovani artisti più interessanti e portarli nella sua tana , per metterli alla prova».
«La mostra al Casino dei Principi di Villa Torlonia comincia con le opere del primo Novecento per una forma di rispetto al luogo, che è la sede dell’Archivio della Scuola Romana. L’andamento è cronologico : ogni sala corrisponde ad un periodo storico, dai primi anni del Ventesimo Secolo fino al contemporaneo. La disposizione è libera, e ricostruisce lo spirito della casa di Bianca, dove le opere erano accostate sulle pareti in maniera solo apparentemente casuale. Purtroppo le ridotte dimensioni dello spazio ci hanno costretto a scelte radicali, che hanno portato ad una selezione di una cinquantina di opere particolarmente rappresentative».
«Per adesso no, ma Roma riserva spesso sorprese inaspettate. Forse gli eredi di Bianca ci sono, ma devono ancora venire allo scoperto».
«La collezione Attolico fa parte di una tipologia “transgenerazionale”. Iniziata dal padre Tommaso Lucherini, è stata proseguita dalla figlia con un approccio consapevole ma anticonvenzionale, forse meno ingessato e conformista rispetto a quello di molti collezionisti di oggi. La mostra non è una rilettura critica della collezione bensì un omaggio allo spirito di Bianca, e spero che questa intenzione si evinca dall’esposizione».
«Ne sceglierei due. La prima è Senza Titolo di Jannis Kounellis del 1967, uno degli ultimi quadri dipinti dall’artista prima di passare alle installazioni. Il secondo è Plastica Rosa (1965) di Mario Schifano, uno dei paesaggi più intensi mai dipinti dall’artista. Opere significative ma non banali, scelte da un occhio attento e raffinato, e soprattutto libero».
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Ludovico Pratesi ha curato la mostra dedicata alla collezionista Attolico destando curiosità e invitandoci a partecipare e visitare la mostra.
Gli artisti, sono tutti, uomini valorosi, desiderosi di lasciare agli astanti rivelazioni inedite e qui la sensibilità acuta della Attolico.
Le scelte delle opere che Pratesi ha rivelato sono contemporanee e assolutamente innovative rispetto ad una epoca in cui si dovevano dare risposte decisive.