Santiago Sierra, WORLD’S LARGEST GRAFFITI, Smara Refugee Camp, Algeria. October, 2012, C-print, 240 x 450 cm. Courtesy Prometeo Gallery Ida Pisani, Milano | Lucca
A Milano negli spazi della Prometeo Gallery di Ida Pisani inaugura oggi, 14 settembre, “PAROLE”, il nuovo solo show di Santiago Sierra (Madrid, 1966), «con cui negli anni la galleria ha avviato una collaborazione di lungo corso».
«A distanza di cinque anni dall’ultimo progetto espositivo dell’artista spagnolo negli spazi di Prometeo, “L’ABBEVERATOIO” (2016), la galleria ha ideato insieme a Sierra un focus storico – dal 2002 in avanti -, che riunisce opere in cui sono visibili le sue parole chiave. Kapitalism, Future, Klassenkampf, S.O.S., Sumisión, e soprattutto il NO di Sierra -protagonista di un tour globale -, sono alcuni dei lemmi, in varie lingue, che hanno segnato la carriera e le opere di un artista radicalmente schierato nella difesa della dignità dell’uomo e del lavoro», ha spiegato la galleria.
«La forza delle parole, ha una sua materialità, un suo peso, e contribuisce a rendere consapevoli della propria condizione e della propria lotta. Come annota Luis Navarro nel suo testo a corredo della mostra: «Si dice spesso che “un’immagine vale più di mille parole”. L’immagine si percepisce a colpo d’occhio, è facile da ricordare, ha una maggiore forza emotiva, suscita interpretazioni diverse e va oltre linguaggi diversi. A differenza di molti artisti concettuali, il cui lavoro è sostenuto da contorte manovre testuali, Santiago Sierra ha sempre resistito a spiegare le sue opere, costruite sui presupposti del minimalismo, preferendo che mostrassero il loro significato, al di là anche dei loro titoli ironici, nell’incontro con lo sguardo dello spettatore», ha proseguito la galleria.
«Le parole di Sierra diventano potenti come e più dell’immagine che ne raffigura la materializzazione, in legno, metallo, sabbia scavata o intessute sulle pettorine dei cani randagi ad Atene. «Molte delle opere di Sierra – ha scritto Navarro- rompono questi confini definiti, imprimendo il potere dell’immagine sulla parola o coinvolgendola in diversi tipi di azione. Ci mostra così che le parole sono cose tra le cose: hanno una loro materialità, producono e subiscono esse stesse effetti ed eventi. Ci mostra anche che le parole hanno un grande potere nascosto, poiché modellano il mondo come lo conosciamo agendo sulla coscienza. E ci mostra soprattutto che, nella loro plasticità, le parole sono armi in quella che oggi è stata codificata come “guerra culturale”, consistente nell’appropriazione di segni e referenti e nella loro manipolazione interessata».
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