Categorie: parola d'artista

exibinterviste | la giovane arte – Andrea Morucchio

di - 28 Giugno 2002

Da cosa nasce la tua passione per l’arte?
Fin da piccolo venivo sballottato tra vernissage, studi di artisti, il salotto di uno zio critico d’arte geniale e controcorrente, in un periodo, gli anni ’70, in cui a Venezia si viveva ciò che restava dei fermenti artistici degli anni 50/60. I ricordi più nitidi dell’infanzia appartengono a questo mondo, a riprova che l’Arte comunica per emozioni, prima che per concetti. Altro elemento è stata la professione di fotografo, che svolgo ormai da circa quindici anni e che mi ha permesso di collaborare con artisti, critici, gallerie, giornali e case editrici. Negli ultimi tre anni ho iniziato a sviluppare una mia ricerca prevalentemente plastico/installativa.

Le tue opere hanno una forte presenza fisica per via della leggerezza che sono in grado di esprimere malgrado l’utilizzo di materiali come il ferro e l’acciaio. Da cosa prende vita la necessità di combinare elementi pesanti con altri leggeri?
Penso dipenda da un’inconscia ricerca di equilibrio che cerco di ottenere neutralizzando gli opposti.
Credo che la sensazione di leggerezza dipenda  proprio dal raggiungimento di questo equilibrio. Avvertire la sensazione di equilibrio/leggerezza, di fronte a cuspidi di vetro che sfondano barriere di ferro, è una condizione necessaria ad affrontare un concetto  che definirei: “dinamismo spirituale”.
E’ una dinamica slegata dalla percezione fisica del movimento, deriva da un movimento interiore, dall’energia dell’intelletto, della coscienza in questo senso parlo di dinamismo spirituale

Perché hai deciso di utilizzare il vetro come mezzo di espressione? Non è piuttosto complesso emergere in un territorio come quello veneziano, così ricco di tradizione su questo tipo di materiale?
Da anni fotografo vetro di tutti i generi da quello antico per musei e gallerie antiquarie alle opere di designer e artisti contemporanei, documentando anche le differenti lavorazioni nelle fornaci. Questa esperienza mi ha permesso di conoscere la materia sia tecnicamente sia “spiritualmente” e così quando ho sentito il bisogno di realizzare la prima opera la scelta del vetro è stata inevitabile; probabilmente è stata l’intima conoscenza di questa materia e delle sue caratteristiche ad ispirare il concepimento della prima serie d’opere: blade .
A Venezia come nel resto d’Italia è difficile farsi notare nel circuito del contemporaneo presentando lavori che utilizzano, anche in parte, il vetro, in quanto questa materia dalle specificità così forti è stata sputtanata a tal punto che usandola si tende ad essere omologati alle caratteristiche per cui quella materia viene trattata e conosciuta.
Sembra assurdo ma esiste un diffuso pregiudizio nei confronti di opere, fatte anche parzialmente in vetro, per cui se presentassi in una galleria d’arte contemporanea delle strutture in ferro penetrate da punte in resina desterei più interesse rispetto ad opere con le stesse punte in vetro. E’ come dire che si nutrono dei pregiudizi verso un’opera in marmo perché la si associa ai testoni della stessa materia di Mitoraj.

Il progetto Percer-voir è un’installazione ambientale che presuppone uno studio del territorio preciso. Le punte che salgono in verticale e in diagonale indagano/invadono lo spazio. Che ricerca si serra attorno alla creazione di opere di questo tipo?
L’idea di creare un’installazione ambientale come forma di profonda espressione artistica mi ha sempre accompagnato da quando mi sono imbattuto in autori quali De Maria, Long, Christo, Penone etc.
Sono profondamente affascinato di fronte a queste manifestazioni dell’uomo “con” la natura; mi coinvolgono emotivamente dandomi un senso di sacralità.
Dal momento in cui ho concepito che le sculture che realizzo sono dei feticci creati più o meno consciamente per quello che è il mercato dell’arte, ho avvertito la necessità di utilizzare la natura per far rivivere quella sensazione di “sacro” che provavo di fronte alle operazioni dei grandi maestri della Land Art e che il limite strutturale e di sistema delle gallerie non permette di realizzare.
Uno dei principi fondanti il progetto percer-voir è quello di elaborare un ambiente-opera in cui ci si possa addentrare per sperimentarla fisicamente. Inoltre, per il fatto che la comprensione dello spazio installativo avviene attraverso un movimento del nostro campo visivo compiuto nel profondo, si dovrebbe notare uno svelarsi ritmico della presenza delle punte in vetro che dà una percezione dinamica dell’ambiente-opera, come se lo spazio fosse effettivamente attraversato da flussi d’energia. Virtualmente le proiezioni lineari che scaturiscono dalle punte in cristallo semitrasparente si propagano nello spazio, lo “indagano-invadono”creando una connessione, tra l’energia della terra e quella cosmica.

A cosa stai lavorando ora?
Sto elaborando degli elementi sempre in vetro ma dalle forme sinuose ed arrotondate da utilizzare nei prossimi progetti di installazioni ambientali.
Da gennaio ad aprile sarò a Hobart, capitale della Tasmania, invitato dalla Tasmanian Scholl of Art per realizzare alcune opere e un paio di installazioni ispirate dalla rigogliosissima natura di quel territorio e a ciò che rimane della cultura aborigena. Sempre a Hobart, in Aprile, presenterò all’arte fiera “Ten Days in Island” l’installazione “percer-voir”.

Bio
Andrea Morucchio è nato a Venezia nel 1967. Nel 2000 le sue opere vengono esposte in Contemporary glass artist, France and Venice compared, Castello Borromeo, Lago Maggiore, Varese; Nel luglio dello stesso anno la Gallery Junk3 ospita una sua personale dal titolo Dynamics (a cura di A. Pagnes) e il Museo del Vetro di Murano (VE) ospita permanentemente una sua Installazione Enlightements #5. Nel 2001 partecipa a diverse mostre in Italia e all’estero (Holand Art Fair, Congresgebouw, l’Aja, Holland, con la Giga-Glas Gallery) e ottiene il Diploma d’onore della giuria del premio Jutta Cuny-Franz, Kunstmuseum di Dusseldorf . Vive e lavora a Venezia.

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Exibinterviste-la giovane arte è un progetto editoriale a cura di Paola Capata

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