La sua musica, concepita per un ambiente specifico, ci immette nell’hic et nunc, insegnandoci l’immersione totale nel reale. Ma ha anche un forte aspetto psicoanalitico, sollecitando memorie ed emozioni. In questa compresenza di realtà e non-realtà può rappresentare il virtuale, la “realtà aumentata” partecipante sia del reale sia del non reale?
Una delle conseguenze che il personal stereo ha prodotto è stata la possibilità di progettare il proprio sound world in modo prima irrealizzabile. Potevi finalmente vivere in un certo tipo di mondo sonoro, proprio come cercheresti un tipo di luce. È parte integrante del tuo nido avere il giusto suono e la giusta luce. L’ambient invitò la gente a pensare al proprio spazio sonoro in modo creativo, a dire: “Qual è il suono della mia vita? In che suono voglio vivere?”. Era deliberatamente un tipo di musica fatta per “sedersi alle tue spalle”, proprio come quella di Surrender lounge proposal: si può conversare, non cattura sempre l’attenzione. Era musica progettata per darti spazio, acusticamente ma anche psichicamente, per donarti la sensazione di aver espanso lo spazio reale ed emozionale in cui vivi e di avere più posti in cui andare.
A volte si avverte nella sua musica un lieve, serpeggiante senso d’inquietudine…
Da anni mi risuonano nella mente queste parole: “Nostalgia per un futuro diverso”. Da giovane amavo figurarmi l’avvenire… E non è come l’immaginavo! Talora penso che ciò che sto realizzando sia quell’altro futuro, che sarebbe potuto esistere. Puoi realizzare quel mondo solo se lo proteggi: in un museo, in una galleria o nella tua casa.
Nel ’96 dichiara a J. Selvin del “San Francisco Chronicle”: “Ho la sensazione che la musica possa non essere il posto più interessante del mondo in cui essere. E ciò sta leggermente minando la mia dedizione nel crearla”. Oggi è così?
Devo dire che ultimamente mi sono divertito molto con la musica. Ci sono alti e bassi. Negli ultimi tempi ho creato molto, con gli U2, David Byrne, Herbie Hancock, i Coldplay, e anche da solo. Sono in buona forma musicalmente ora, ma un’opera come Surrender lounge proposal per me è molto più interessante di qualunque musica. Non è simile a nulla che io abbia visto. È un piccolo territorio che ho scoperto, di cui sono molto compiaciuto: il mio piccolo paese.
Infatti quest’opera, insieme visiva e sonora, è il punto di confluenza naturale e ideale per la sua musica, che è potentemente evocativa di immagini…
Sì, è proprio in questo modo che anch’io percepisco la cosa. È come se questa fosse “tutta la storia”, mentre fare solo musica è “una parte della storia”.
C’è un forte influsso orientale nella sua arte. Come nasce?
Ho viaggiato in Asia e sono stato fortemente influenzato da due concetti dell’estetica giapponese, il wabi e il sabi, che hanno in sé l’implicazione di spazio attivo. Hollywood non ha l’idea che il silenzio o l’assenza possano essere potenti. Il rock e il pop creano cose con cui riempire ogni spazio. Mi ha molto colpito dell’arte giapponese che si crei energia contrastando il vuoto con qualcosa, un oggetto o un suono. Si vede in Surrender lounge proposal: c’è spazio, non ho cercato di riempire la stanza. Gran parte del dialogo interiore che avviene nella mia mente riguarda il creare dei “punti di concentrazione” in una sorta di “spazio energico”. Come quei coni, che sono lì solo per concentrare qualcosa, sono un punto che cattura l’energia per un momento, e tutto è progettato per condurla agli schermi. Ma se lo spazio fosse riempito non funzionerebbe così bene. C’è bisogno del vuoto e di alcuni punti di concentrazione intorno a esso. Avverto, negli ultimi tre o quattro anni, che sto appena iniziando il lavoro che per tutta la vita sentivo di voler fare. Sta solo iniziando a configurarsi, dovevo scoprire la forma da usare. Ho usato i dischi per un po’ e mi piaceva, poi gli schermi video. Ma solo ora sento di essere in grado di mettere tutto insieme in un unico contenitore. È interessante, perché ho sessant’anni, avrei dovuto scoprirlo quando ne avevo venti!
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pessima intervista e peessima mostra (quella del madre) ma per carità!!!!!!!!
Breve appunto al commento precedente: Eno parlando all'intervistatrice si è congratulato per aver finalmente potuto rispondere a domande interessanti (quel giorno ero presente).
La comunicazione intesa qui è in parte assimilabile a certe correnti della musica minimale tedesca da Colonia a Berlino, che declinano la struttura delle composizioni attraverso il significato del concetto di "universo". Il senso di questa scuola di pensiero sarebbe che tutta la materia (sia quella fisica che quella puramente concettuale) vaga nello spazio e nel tempo spostandosi in tutte le direzioni ma in un unico verso, senza mai quindi tornare indietro, da cui appunto uni-verso.
La musica pop nella sua forma canzone è strutturata secondo uno schema di ritorni, detti appunto "ritornelli", un meccanismo estremamente efficace per innescare meccanismi di assimilazione e ricordo a lungo termine. L'universo invece non funziona così. L'universo ricorda solo in senso inconscio, trasforma, percorre, riattualizza. Ecco la musica di Eno trasformarsi nientemeno in una rappresentazione dell'universo...che ne pensate, suggestivo no?