Categorie: Personaggi

MILLE FILI CI LEGANO ALL’ARTE

di - 13 Marzo 2009
Un nonno che frequentava i futuristi. Un padre che vive in prima persona l’esperienza di Fluxus e che diventa uno dei sostenitori del movimento che ha sognato di cambiare il mondo. Ora, con un nuovo progetto di riqualificazione urbana nel centro di Bassano del Grappa, prenderà forma nei prossimi anni un centro internazionale per supportare la giovane arte. Ne abbiamo parlato con Giovanni Bonotto, direttore creativo dell’omonima azienda.

Cominciamo dall’inizio. Che cosa c’è alle tue spalle?
L’avventura comincia con mio nonno Giovanni, a cavallo tra le due guerre. Lui aveva una fabbrica che produceva cappelli di paglia e spesso, per commercio, si muoveva all’estero. Frequentava abitualmente città come Parigi, Londra e New York, ed essendo lui stesso pittore, entrò in contatto con alcuni esponenti della seconda generazione di futuristi. Fu così che mio padre Luigi, nella sua giovinezza, si trovò in casa opere d’avanguardia e una rete di contatti che lo portarono a frequentare molti degli artisti pop italiani emergenti – come Tano Festa, Franco Angeli, Mario Schifano – e internazionali. Quando i carri armati russi entrarono a Praga, lui era a manifestare nel palco con Dubcek, Havel e Milan Knizak, che era uno dei membri più attivi di Fluxus.

Fu centrale quindi essere parte attiva di quel movimento…
Certo. In quegli anni si andava affermando un modo nuovo di fare arte, sostenuto dall’idea della stretta contiguità proprio tra vita e arte. Mio padre prese parte attiva nel movimento condividendo la propria vita assieme agli artisti di Fluxus, sostenendo il movimento e i membri, come fece sin dai primi passi con Yoko Ono. È stato anche molto vicino agli autori della Poesia visiva, concreta e sonora.

Tutte esperienze che sono entrate oramai nei libri di storia!
A dire il vero lui ha un’dea diversa dalla storiella che ci raccontano su quegli anni, soprattutto sullo sviluppo della Pop Art americana in una stagione già segnata dal maccartismo. A suo avviso il movimento pop è stato sovvenzionato in maniera segreta dalla Cia poiché, sebbene non mancasse in quegli autori la critica nei confronti del consumismo, poteva essere un compromesso accettabile rispetto alla feroce opposizione anticapitalistica portata avanti da Fluxus. Così artisti come Warhol, che proprio in Fluxus avevano militato, si trovarono a essere aiutati dai dollari del governo! Mio padre, invece, sin da subito si era dato da fare partecipando finanziariamente per la realizzazione delle mostre o per stampare i cataloghi. È per questo, che dopo trent’anni ci siamo trovati per le mani una collezione immane.

Suppongo che l’Archivio Bonotto che avete realizzato negli anni scorsi sia la sede della collezione…
Riguardo Fluxus, ho usato in maniera impropria la parola ‘collezione’. Evidentemente si tratta di un’enorme ‘documentazione’, poiché l’idea di ‘opera’ forse non si adatta a quel modo di agire artistico. Ad ogni modo, l’Archivio è una delle sedi in cui sono conservati i pezzi. Molti altri invece sono esposti negli uffici dell’azienda, che da molti anni, dopo la crisi del settore dei cappelli, si occupa di produrre tessuti artigianali per l’alta moda. Siamo mio fratello Lorenzo e io ora a gestirla.

Le opere sono anche in azienda. Ma che ruolo può avere l’arte in quel contesto?
Dico una cosa che pare ingenua, ma ti assicuro che così non è: l’arte ti mette a disposizione sempre una via d’uscita alle pastoie della realtà. Sin da ragazzino ho avuto la fortuna di stare fianco a fianco e di passare le serate con artisti che erano ospiti da noi: è stata un’esperienza fondamentale, dalla quale è derivata una forte apertura in termini di mentalità e capacità di visione, che si sono poi riverberate nella vita personale ma anche nello sviluppo aziendale.

In che senso?

Fluxus mi ha insegnato ad avere attenzione per un lavoro artigianale, da bottega rinascimentale, in cui la creazione è fatta da donne e uomini, non da persone che banalmente eseguono operazioni che sono state loro impartite e che non conoscono. Penso che i miei collaboratori siano orgogliosi di lavorare in questa azienda, anche perché abbiamo cercato di misurarci con criteri diversi, differenti dai tanti miti produttivi ed efficientisti che hanno voluto venderci!

E che tipo di iniziative ha sostenuto l’azienda?
Una delle ultime cose è Be square, prodotto per l’intervento sulle uniformi di Antonio Riello alla Kunsthalle di Vienna: abbiamo realizzato un tartan “sbagliato”, cioè un tessuto su cui sono state create delle irregolarità cromatiche. Poi, sempre con lo stesso artista, l’irriverente progetto Buon Natale Felice Anno Nuovo, costituito da un’installazione luminosa a Bassano del Grappa e realizzato in occasione dell’Adunata del Contemporaneo. L’anno scorso abbiamo poi realizzato le mostre di Beuys a Venezia, nel periodo della Biennale, e una personale di Yoko Ono a Treviso. E poi siamo intervenuti qui a Bassano, acquistando l’area dismessa dell’Ex Macello.

Con quali scopi?
È il territorio che produce la fabbrica, sarebbe stupido pensare che l’azienda sia formata solo dai muri che sostengono il tetto. È per questo che abbiamo avvertito la necessità di costruire un nuovo spazio che deve caratterizzarsi per essere centro in cui si produce ricerca contemporanea. Così abbiamo bandito un concorso internazionale per la ristrutturazione dell’ex Macello (a ridosso del centro città), che sarà destinato proprio a residenze di artisti e quindi a luogo di produzione artistica. La cosa è seguita da Goodwill e Pier Luigi Sacco, che stanno portando avanti il progetto scientifico.

E in questa chiave che ruolo ha l’Archivio Bonotto?

L’Archivio, che è uno dei più importanti al mondo con circa diecimila pezzi, raccoglie i frutti dell’esperienza di mio padre, di una vita trascorsa in un contesto irripetibile. È un luogo cui tutti possono attingere, un database a disposizione per idee, mostre, ricerche bibliografiche. Ma penso che nel campo artistico l’esperienza di ‘collezionare’ o di ‘mostrare’ le opere si stia avviando culturalmente alla conclusione. In questo momento storico penso sia invece centrale ‘produrre’ le opere, sviluppare un terreno fertile grazie al quale persone di valore possano avere delle possibilità di esprimersi liberamente, al di fuori delle dinamiche e delle logiche commerciali.

Ma è realmente possibile?
Ma certo! Sto coinvolgendo molti imprenditori – come Renzo Rosso, Lino Dainese, Ambrogio e Francesco Dalla Rovere, ma anche giovani come Daniele Lago [rispettivamente di Diesel, Dainese, Gruppo Sinv, Lago SpA, N.d.R.] – proprio a impegnarsi per mettere a disposizione risorse ed esperienze, a partire dalle eccellenze di questo distretto produttivo. Sarà una grande sfida, non solo per noi ma anche per il nostro paese. E mai come ora diverrà fondamentale impollinare il territorio…

a cura di daniele capra

*articolo pubblicato su Exibart.onpaper n. 55. Te l’eri perso? Abbonati!


Archivio Bonotto
Via Monte Grappa, 2 – 36016 Thiene (VI)
Info: tel. +39 0424411701; press@archiviobonotto.org; www.archiviobonotto.org

[exibart]

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