Categorie: Personaggi

Stampone, tra il pittore di corte | e la fotocopiatrice intelligente

di - 7 Luglio 2014
Dovrei parlarvi della mostra di Giuseppe Stampone alla GAMeC di Bergamo, Ritratti Bic Data Blue curata dal direttore Giacinto Di  Pietrantonio, e senz’altro lo farò, anche se non solo.
Il fatto è che con questa mostra, che presenta cento ritratti di altrettanti artisti della scena contemporanea, compreso un autoritratto, tutti realizzati con la penna bic di colore blue e tutti dello stesso formato di cm 40×55, Stampone, che per l’occasione è diventato e si è definito “pittore di corte”, ha realizzato un progetto di una tale semplice complessità, perdonate l’ossimoro inevitabile, da indurre tutta una serie di riflessioni sul senso dell’arte attuale e sul sistema che la governa. Raccontarvi della mostra comporta dunque aggiungere riflessioni ai ragionamenti fatti da Stampone in un anno e mezzo di lavoro. Ma prima di tutto devo anche dirvi che i cento ritratti trovano fondamentale complemento in un video, L’ABC dell’Arte, che documenta una sessione didattica tenuta dallo stesso Stampone in una scuola materna di Bergamo.
Nel video si vede Stampone che chiede ai bambini cosa significhi per loro arte, facendoli parlare, disegnare, colorare, dando indicazioni e assecondando intuizioni. Troppo facile dire che il video sia la chiave di lettura della mostra, e anche riduttivo. Si tratta invece di una specie di brodo primordiale nel quale si rimescolano tanto la realtà dell’arte, rappresentata dai personaggi ritratti, che quella in linea di principio meno strutturata e definibile di chi visita la mostra. Il risultato dell’associazione è la dimostrazione visiva e concettuale della semplice complessità, appunto, che costituisce l’indefinibile essenza dell’arte.
Ma torniamo ai ritratti. Stampone ha ripreso le immagini dei volti dei cento artisti, compreso il suo, cercandoli su Google. A questo proposito ha detto di sé: «Io sono una fotocopiatrice intelligente». Dopo ventisette anni dalla morte di Andy Warhol, che in più occasioni espresse il desiderio di voler essere una macchina, Stampone aggiorna quel desiderio alle nuove condizioni fornite dalla rete con il suo ormai infinito contenuto informativo, di immagini e relativo immaginario. Si deve anche annotare che rispetto a Warhol, Stampone non ha espresso un desiderio ma ha fatto un’affermazione, che ha inoltre nell’aggettivo qualificativo “intelligente” una condizione decisiva del proprio status.

Questa frase mi ha costretto a pormi una domanda e cioè, che tipo di artista è Stampone? Me lo chiedo in relazione anche e ovviamente rispetto ad un panorama nazionale e internazionale, che sta mostrando una complessità e un’articolazione di linguaggi che naturalmente corrisponde all’altrettanto complessa e articolata realtà in cui siamo, ma che è anche l’inevitabile conseguenza del processo evolutivo dell’arte in sé. La risposta che mi sono dato è che Stampone è un artista che crede, anzi che è convinto, che l’opera rappresenti un vero e proprio “atto performativo”. Esattamente secondo quanto teorizzato da John Langshaw Austin, filosofo del linguaggio inglese morto nel 1960, Stampone ritiene che l’opera non descriva qualcosa che è nella realtà, ma produca essa stessa un fatto reale. Al primo piano della GAMeC, vera e propria straniante introduzione alla mostra, Stampone ha voluto proiettare un suo video recente, Saluti da L’Aquila 5 anni dopo. Si tratta di un video che prosegue il lavoro Saluti da L’Aquila, in cui qualche migliaio di cartoline con le immagini del capoluogo abruzzese distrutto dal terremoto, furono spedite a tutti i potenti del mondo. Il video, come racconto in un precedente articolo che trovate qui http:/www.exibart.com/notizia.asp?IDCategoria=244&IDNotizia=41688, parte con la sigla di una major cinematografica, quella con le stelle che dopo un volo radente su uno specchio d’acqua vanno a formare intorno alla montagna sullo sfondo il logo della casa cinematografica. Seguono ventitré secondi di buio accompagnati da un suono bianco, per concludersi con lo scorrimento dell’elenco dei nomi dei 309 morti. Stampone con questo video non intende rappresentare nulla, ma appunto compie un atto performativo, producendo un’immagine che è un fatto reale.
Analogamente, un suo recentissimo intervento sul tetto della Scuola del Campo Rom di Castel Romano, la scritta I AM HERE affiancata al noto puntatore Google, e che non a caso s’intitola Saluti da Castel Romano, è un lavoro che non descrive nulla, ma appunto si attesta come un fatto reale che si aggiunge alla realtà preesistente modificandola. Allo stesso modo i ritratti, quel loro essere concretizzati dalla “scrittura disegnante” della penna bic, sottraggono in modo definitivo e imperioso quei volti delle star del sistema dell’arte a quell’impalpabile universo ipermediatico della rete, tornando ad essere oggetto artistico per eccellenza, attraverso un linguaggio emblematico dell’arte, la pittura: «Uso la penna bic perché nel suo inchiostro viscoso c’è una parte di olio che mi consente un uso antico della velatura pittorica, ma che nel suo essere oggetto che appartiene a tutti noi è allo stesso tempo parte del nostro fare e della nostra realtà quotidiana. L’arte nasce in quest’ultima e ne è parte integrante e costante. Io cerco solo di rendere tutto ciò chiaro nella sua semplicità».
Aggiungo, e direi soprattutto che procedo di conseguenza, che attraverso la pratica dell’opera come “atto performativo”, Stampone sta contribuendo in modo decisivo all’attuarsi di un complesso passaggio storico in cui è impegnata l’arte attuale, e che consiste nello spostamento dell’opera d’arte, delle sue funzioni, da una condizione di tipo estetico ad una di natura etica. Un mutare che è implicito allo stesso costituirsi dell’opera come fatto reale e che comporta una fatale modificazione di ciò che è già dato come reale. Ogni azione compiuta (to perform), infatti, comporta conseguenze e quindi un’ineluttabile responsabilità che è prima di ogni cosa di tipo etico.

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