Categorie: Personaggi

UN SARACENO IN VOLO

di - 28 Marzo 2010
La Fondazione Remotti
si trova all’interno di una piccola chiesa sconsacrata, sulle pendici del
promontorio di Portofino. Navata centrale unica, pareti bianchissime, finestre
alte, volte a capriate: la chiesetta camoglina è stata perfettamente restaurata
e disposta a diventare sede espositiva su due livelli. Sulla facciata campeggia
un infinito di Michelangelo Pistoletto, sul
pavimento una stella di Zorio,
mentre sul soffitto s’attorcigliano le fluorescenze di Rehberger. Tre
opere permanenti che suonano come tre poetiche, tre
registri di lettura del contemporaneo.
Fra le altezze di
queste sale, a metà marzo ha inaugurato Tomas Saraceno (San Miguel de Tucumán, 1973; vive a
Francoforte) con From Camogli to San Felipe, spiders
weaving stars…
Sfere, cieli, nuvole, biosfere e ragnatele
tridimensionali d’acciaio accompagnano il ritorno dell’artista argentino dopo
due presenze imporanti quali l’ultima Biennale di
Venezia (con Galaxies Forming along Filaments, like
Droplets
along the strands of a Spider’s Web)
e l’installazione
recente di alcuni Flying Gardens all’Andersen’s
Contemporary di Copenhagen.

From Camogli to San
Felipe, spiders weaving stars…
è una sorta di diario
di viaggio di Space Elevator, piattaforma
sperimentale messa in opera come un laboratorio di rilevamento dell’aria la
scorsa primavera in Argentina, a San Felipe (grazie anche al sostegno della
Fondazione Pier Luigi e Natalina Remotti). Lo scopo di questo progetto è la
ricerca di una forma di viaggiare e poi di stanziarsi più sostenibile, una
forma che restringa, al posto di spalancare, i campi della comunicazione umana,
fisica e mentale. La composizione molecolare di alcune strutture suggeriscono
da sempre all’artista una modalità esplorativa dell’universo che viene a patti
con il vuoto e con la vittoria dell’uomo sulla gravità.
A Camogli sono esposti
tre video, alcune serie fotografiche, un libro d’artista stampato in bianco e
nero, una nuova installazione site specific e tre delle sue celebri ragnatele
scure, sostegni filamentosi di altrettante sfere di vita ultra-terrena.
Saraceno pianifica in questo modo le proprie performance, evocando la strategia
biologico-strutturale degli aracnidi (si veda la Rothamsted Research e la Ballooning
Theory
); insetti che, utilizzati direttamente in
questa personale (all’interno di teche in plexiglas), hanno guidato
simbolicamente il viaggio, la ricerca la produzione e il pensiero dell’intero
progetto.

Ragni?

Nel produrre filamenti
di bava, i ragni intessono una tela che li sostiene e al tempo stesso li tiene
legati al mondo. Nel mio lavoro sono attratto dal rapporto di interdipendenza
che connette per sempre una creatura al suo pianeta. Ma allo stesso tempo sono
stregato dalla possibilità che ho di sperimentare tutti i modi per elevarsi
sopra il pianeta stesso, e lì sopravvivere stando giusto appesi a un filo.
Spostando la comunicazione in verticale. È nel cielo, in alto, nella biosfera
che c’è più luce, sole e ossigeno, elementi essenziali per la vita sulla terra.
Non è incredibile?

Sembra un paradosso, proprio
come quelle forme che tu insegui, fra arte e scienza…

Posso dire, per esempio, che alcuni
scienziati dell’India si sono interessati alle mie installazioni. Ma, ancora
prima, posso dire che è solo grazie all’aerogel, materiale trasparente
inventato e testato da ingegneri aerospaziali americani, che faccio volare le
mie strutture
abitative utopistiche (Air-Port-City Project). Lo sapevi
che il rivestimento di ognuna di quelle sfere costa solo 300 euro? In futuro mi
piacerebbe che il progetto colonizzasse il cielo, rimanendo sospeso sui
contrasti razziali, le politiche, le guerre, l’inquinamento e le differenze
sociali di nazioni e città. È strano notare come esistano più confini
orizzontali che non verticali e che siano questi ultimi a portare l’uomo verso
l’autodistruzione. La mia intera ricerca artistica si fonda, prima di tutto,
sulla mia curiosità per la ricerca scientifica. È grazie allo studio dei
modelli riprodotti per simulare il volo dei ragni che ho scoperto come
qualsiasi creatura, portata dall’aria, possa spingersi anche centinaia di chilometri dalla costa
sopra il mare. Esistono modelli matematici che registrano le prove di volo su
lunghe distanze di ragni che hanno sviluppato precise caratteristiche evolutive
ed espedienti aerodinamici incredibili (senza dimenticare modelli progettuali
di architetti
quali Richard Buckminster Fuller, Peter Cook, Yona Friedman).

Che cosa comporta
la realizzazione di una “vera” utopia?

Il mio progetto di Air-Port-City e i
suoi Flying Gardens sono strutture che libero nell’aria e
che in un futuro dovrebbero rimanere sospese nel cielo come nuvole, come città
posizionate al di sopra di tutto, per una collettività che ha imparato a
diventare sostenibile prima che completamente autonoma dalla terra. Le unità
che sto studiando come biosfere o come biotopi sono piattaforme che andranno
contro l’andamento economico e politico delle frontiere globali. Al di là di
tutti i tipi di frontiera. Non c’è nulla di più utopico, eppure nulla, per me,
sembra più realizzabile delle mie visioni quando rimango lassù, quando nella
tenda del sistema di Space Elevator arrivo in un luogo
dove non esistono le regole dettate dalla legge dell’uomo né dalla legge fisica
della gravità. E dove comunque, anche se legato, sono libero di vedere tutto.

Che relazione esiste
tra spazio e gravità?

Sono convinto che
entrambi possano esser considerati, a seconda delle situazioni, tanto problemi
quanto opportunità. Entrambi però servono all’uomo a far cambiare le proprie
relazioni con le altre persone. Credo infatti che spazio e gravità sviluppino
forze ed energie che creano qualcosa di nuovo, nuove psico-geografie, nuove
misure e distanze della socialità. A San Francisco, la scorsa estate – all’International Space
Studies Program della Nasa – ho provato, assieme a una parte del
mio staff, a rimanere in assenza di gravità, nei simulatori di cui si servono
anche gli astronauti. In queste specie di contenitori bastava che uno si
avvicinasse, anche di poco, all’altro e improvvisamente l’altro veniva spazzato
via dall’altra parte, lontano. Quando spazio e gravità cambiano, anche gli
scambi tra gli uomini cambiano di stato e diventano tutta un’altra cosa.

Parlami del futuro
e di un certo progetto che avresti per Roma, ai Fori Imperiali…

[Ride] Ti ho appena
detto che l’unica cosa che mi porterei in tasca, nelle mie sfere, se dovessi
farle volare per salvare il pianeta, sarebbe l’universo, e questo non ti basta?
Non ti basta che io abbia appena inaugurato qui a Camogli? Sto scherzando
ovviamente. Comunque, per quanto riguarda Roma non posso dire nulla. Però se
dovesse succedere qualcosa… vi avviso!

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dal 13 marzo al 12 settembre 2010
Tomas
Saraceno – From Camogli to San Felipe. Spiders weaving stars…
a cura di Francesca
Pasini
Fondazione Remotti (in collaborazione con Pinksummer, Genova)
Via Castagneto, 52 – 16032 Camogli (GE)
Orario: da giovedì a domenica ore 16-19 e su appuntamento
Ingresso libero
Info: tel. +39 0185772137; info@fondazioneremotti.it;
www.fondazioneremotti.it

[exibart]


Visualizza commenti

  • ho visitato ieri la mostra... indubbiamente scenografica. però non mi hanno convinta le biosfere al secondo piano: troppo in contrasto con la cascata colorata del soffitto di rehberger

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