A MONDO MIO

di - 28 Giugno 2010
Nelle teche fanno
bella mostra gli esemplari tecno-zoologici provenienti da mondi virtuali
lontani (nello spazio e, per certi versi, anche nel tempo) e certe copertine di
giornali che raccontavano l’epopea di questo o quel luogo sintetico, certe
fotografie scattate in SL, certi volti di vip virtuali cominciano ad apparire
inesorabilmente datati. Allora ci si chiede se quella sensibilità formale, quel
modo di vivere e di rappresentarsi siano destinat
i a
essere inquadrat
i in un periodo storico ben definito, che
coincide con il primo decennio del nuovo millennio.
La grafica degli avatar e
dei mondi virtuali subirà la stessa sorte della moda degli anni ’80, vista oggi
come un fenomeno irripetibile e ben circoscritto? I volti dei protagonisti
dell’epopea virtuale resteranno per sempre prigionieri della loro epoca d’oro?
Non è detto. Pare piuttosto che sia già in corso una metamorfosi, che vede la
grafica e l’impianto narrativo-esistenziale dei mondi virtuali reinventarsi un
ruolo, partecipando, in veste di protagonista, al rilancio del cinema di
animazione d’autore.
Negli ultimi anni uno degli sbocchi più interessanti per
gli universi sintetici è il cinema: da un lato i critici procedono a una
storicizzazione e a una sistematizzazione dei film girati in SL e in altri
mondi virtuali con la tecnica del machinima, dall’altro i registi nati in SL o
quelli già attivi o affermati in RL, come Berardo Carboni di VolaVola,
perfezionano questo nuovo tipo di espressione artistica. Sempre più di
tendenza, quei film contribuiscono anche al revival del cinema di animazione,
che talvolta si appropria del modo di essere dei mondi virtuali, sia nella
forma, sia nella struttura. Una delle peculiarità di quei mondi consiste nel
poter integrare la storia ufficiale con una serie di variazioni sul tema,
giocando all’infinito con la cultura del what if
:
gli universi sintetici sono il regno del possibile, delle storie parallele e
talvolta “minori” che si integrano a quelle ufficiali.

Proprio
tenendo fede a questa sensibilità sono nati alcuni dei film più interessati
girati in machinima, dalle parodie che infittiscono le diramazioni narrative, a
film d’animazione pensati come prove generali di film in carne e ossa. Questo
stesso procedimento, che vede il film di animazione come compensazione dei lati
in ombra delle storie ufficiali, ha visto nascere varie opere di tipo classico
che hanno evidenti affinità elettive con i film creati in internet.
Al pionieristico
Animatrix
, che raccontava una serie di episodi a
integrazione della saga cinematografica di Neo e delle pillole rosse e blu,
sono seguiti negli anni vari esempi, tra cui Star Wars: Clone Wars
, un utile approfondimento dell’epopea delle Guerre Stellari, e Halo
Legends
, che propone sette episodi legati al celebre
videogame. Siamo nel pieno della cultura convergente, e c’è poco da aggiungere
a quanto teorizzato da Henry Jenkins. Però si può notare che i personaggi di
molti film d’animazione, anche quelli tratti dai videogame, risentono del
gusto, delle tendenze e dei modi d’essere dei mondi virtuali.

Una cultura molto
riconoscibile, che in quanto a contenuti è un misto di parodia, ironia e
citazione. Una cultura che sostituisce la copia al personaggio vero, l’avatar
all’icona, e che non si esaurisce nelle lande del web ma trasmigra ormai
all’esterno, in altre forme espressive, senza rinnegare le proprie origini. Un
modo di essere preponderante in alcune opere di confine, come The Haunted
World of el Superbeasto
, il film d’animazione di Rob
Zombie, che in 90 minuti passa in rassegna tutta la storia del cinema horror,
con innumerevoli rivisitazioni e variazioni, e che più di una volta fa venire
in mente i metalinguaggi narrativi dei mondi virtuali.

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Intervista
con Mario Gerosa

mario gerosa
docente di multimedia al politecnico di
milano


*articolo
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