Il papa rifatto

di - 10 Novembre 2012

È uno dei lavori di arte contemporanea che in Italia ha maggiormente appassionato il “grande pubblico”, anche quello che spesso si tiene ben lontano dai musei e dalle opere del nostro tempo. Per due motivi principali. Primo: perché il soggetto della scultura è Giovanni Paolo II, il Papa che ha parlato all’umanità intera, e poi perché l’opera si trova in uno dei punti più frequentati di Roma, a piazza dei Cinquecento, di fronte alla Stazione Termini. Si tratta quindi, un’opera d’Arte Pubblica a tutti gli effetti.

Presentata a maggio dello scorso anno, la statua di Oliviero Rainaldi fu letteralmente sommersa di insulti dai cittadini, che si scatenarono soprattutto sulla rete, sollecitati dagli organi di informazione che avevano intuito il potenziale di partecipazione della questione. I maggiori giornali del mondo si soffermarono sul fatto per settimane, tra interviste, vox populi e interventi dei maggiori storici dell’arte, senza lesinare una certa speculazione. La critica principale era: “non somiglia al Papa”.

Così il sindaco Alemanno ha riunito in una commissione alcuni esperti (tra altri: il Sovraintendente Umberto Broccoli, Maria Vittoria Marini Clarelli, Giovanni Carbonara) che hanno condiviso con l’artista alcune idee per la sistemazione della statua, per avvicinarla ad un ritratto più fedele del pontefice e, soprattutto, renderla più simile al bozzetto iniziale che aveva convinto tutti, dalla Sovraintendenza Capitolina al Vaticano.

Dopo oltre nove mesi di lavoro, ora l’opera è pronta. Ma Alemanno ancora non si decide ad inaugurarla. Nuovi tecnici al lavoro alla presenza dell’artista e dei funzionari esperti della Sovraintendenza, una nuova patina e molti piccoli accorgimenti, tutti a carico degli sponsor. L’intervento è stato determinante: il tanto vituperato volto ha acquistato umanità e una serie di dettagli, tra cui il mento e occhi più profondi, che ricordano più da vicino l’espressione del Pontefice. Il mantello, prima molto rigido, è stato rastremato e arricchito di movimenti. L’opera oggi si presta maggiormente ad essere riconosciuta come una figura umana, ma mantiene quel carattere astratto e metafisico tipico delle sculture di Rainaldi. Che ha dimostrato una disponibilità a “ritoccare” il suo lavoro piuttosto rara tra gli artisti contemporanei. Ha compreso che quest’opera è davvero un simbolo per la collettività e non soltanto l’espressione di una sua personale visione. Un atteggiamento di apertura nei confronti del pubblico che farebbe bene a molte espressioni del contemporaneo, dall’arte alla musica, senza necessariamente tradire la propria “modernità”.

Non è la prima né l’ultima opera che subisce un ritocco, dopo la presentazione. Senza scomodare i noti casi della “Conversione di Saulo” e della “Ispirazione di San Matteo” di Caravaggio, entrambi rifiutati dai committenti e ridipinti dal maestro, senza citare le correzioni che tanti compositori d’opera hanno apportato ai loro capolavori dopo un debutto andato male, pensiamo a quanti film ancora oggi vengono tagliati, rimontati e sistemati a distanza di tempo dai propri autori per renderli più leggibili al pubblico.

Ma nella questione Rainaldi non va trascurato un dettaglio importante. «Le differenze tra la statua precedente e il bozzetto sono state causate dai tempi stretti per il completamento dell’opera e da situazioni tecniche maldestre – ha spiegato lo scultore – abbiamo cercato di riportare i difetti alla conformazione originale. Come nel caso della testa: la correzione del collo ne ha comportato un rialzamento e a questo punto sarebbe risultata troppo piccola, perciò l’abbiamo ampliata di circa 4 centimetri». Insomma, non si poteva perdere l’appuntamento con la celebrazione della beatificazione del Papa, programmata a maggio 2011, anche se la commissione dell’opera era arrivata a ridosso della data. L’opportunità “politica” aveva prevalso sulle esigenze dell’arte: un problema annoso, che spesso ha creato mostri.

Quando si tratta di opere pubbliche, soprattutto se così rappresentative e collocate in luoghi così popolari, in Italia si assumono ancora raramente metodi di scelta e di lavoro che rispettino appieno le esigenze dell’arte. Il caso più esemplare e recente di Arte Pubblica che possiamo prendere a paragone è senza dubbio il progetto del “Fourth Plinth” di Trafalgar Square a Londra. Dopo la collocazione su uno dei pilastri vuoti della piazza di opere d’arte in via sperimentale, la Royal Society of Arts ha nominato una commissione che invita ogni anno un artista a realizzare un’opera, a seguito di una opportuna selezione. Questo metodo non ha impedito che venissero presentati lavori di rottura come la donna disabile incinta di Marc Quinn o il progetto di Anthony Gormley, che ha chiesto a 2400 persone di passare un’ora ciascuno sul pilastro. Eppure, ci troviamo in una delle piazze più trafficate di Londra, proprio di fronte alla National Gallery. Quello che permette a questa iniziativa di andare avanti con successo è il contenitore istituzionale che le è stato creato intorno, che rende inattaccabili le scelte e ben ponderati i risultati.

Nel caso dell’omaggio al Papa, la necessità di concludere in breve tempo il progetto ha invece messo in difficoltà l’artista e provocato un dibattito acceso che ha dato in pasto al pubblico, ancora una volta senza le opportune mediazioni, un’opera d’arte contemporanea. Ci sono voluti nove mesi e il coinvolgimento di una commissione di esperti per correggere il tiro e riportare l’equilibrio tra il ritratto e l’evocazione simbolica del Pontefice. Roma avrà di nuovo la statua dedicata al suo amato Papa, molto più somigliante a Giovanni Paolo II, ma anche al progetto dell’artista. Aspettiamo ora le reazioni del pubblico.

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