Driant Zeneli, The dream of Icarus was to make a cloud, still da video, 2009. Image courtesy prometeogallery di Ida Pisani Milan and Lucca
È da quattro estati che Artopia Gallery di Milano presenta in Puglia la rassegna Nucré, che si svolge in provincia di Brindisi, tra il centrale Castello di Ceglie Messapica e il Trullo Rubina, residenza estiva dei galleristi Rita Urso e Arechi Invernizzi, che l’hanno ideata. Il progetto è realizzato in collaborazione con la Regione, il Comune e la Fondazione Museo Pino Pascali, portando riflessioni, artisti in residenza e opere in mostre, di anno in anno, curate da professionisti del territorio. Per questa edizione, affidata alla cura di Carmelo Cipriani, sono 13 gli artisti esibiti in Il sogno di Icaro, insieme ai più giovani Ornella Cardillo e Simone Carraro, coinvolti per la Residenza Rubina da Elena Forin e dallo stesso Arechi Invernizzi.
La mostra, che sarà visitabile fino al 24 agosto, parte dalle vecchie scuderie del Castello Ducale e si completa raggiungendo il trullo, che ben si adatta, vista l’origine funzionale e formale di ‘contatto’ tra terra e cielo, ad accogliere il tema che informa la mostra: il mito di Icaro è ancora un’ispirazione vitale per gli artisti contemporanei, che lo utilizzano per esplorare la curiosità, la fragilità e l’aspirazione all’onnipotenza umana, il rapporto con l’ambiente, la ricerca di significati cosmici e trascendentali e una spinta tout court a superare limiti contingenti.
«Il tema dell’altezza, il sogno di volare, quello che Bachelard nel libro Psicoanalisi dell’aria definisce sogno verticale, e il suo aspetto complementare, la paura di cadere, appartiene da sempre all’umano ed evoca immagini di grande impatto e dolcezza», riferisce Rita Urso in catalogo. Il concetto chiave, ricorrente, è quello di “tensione” – il processo creativo si gioca qui, tra il principio di piacere e il principio di realtà. «Nucré 2025 tratta di questa dicotomia apparentemente inconciliabile – continua la gallerista – incarnando l’eroe greco, nel suo tentativo di volare verso il sole, questo nostro desiderio atavico di elevazione, quella “nostalgia implacabile dell’altezza” che si accompagna al sentimento della vertigine, al brivido della caduta».
Cipriani considera efficacemente i poli opposti su cui si fonda il mito, interpretati da artisti che hanno lavorato negli anni indipendentemente dal tema, le cui opere si prestano come esempi poetici, o site specific, come nel caso di Pierluigi Calignano (Sleeping structure è un’architettura in legno scomposta, di dimensioni ambientali, che richiama il mito nei termini della possibilità e della fallibilità); dalla figurazione all’astrazione e ritorno, pittura su carta e scultura tradizionali, installazione, fotografia e video.
Ogni anno viene individuato dall’architettura del Castello cegliese un elemento portante posto all’attenzione della comunità e del pubblico, che questa volta viene a essere l’alta torre normanna, presa a simbolo del sogno di Icaro e che, attualmente impacchettata da un ponteggio per il restauro, è forse una metafora di un volo ambizioso poi lambito, momentaneamente tarpato, dall’instabilità del presente.
D’altra parte, viene alla mente che, come titolava per un suo libro un’altra artista, Elisa Muliere, Icaro deve cadere (GRRRz Comic Art Books, 2014) per afferrare la propria esperienza del mondo, in quanto la caduta è ineluttabile ma è una presa di coscienza di sé più che una sconfitta.
Lo sperimenta Marzia Migliora nel suo video in mostra, 59 passi compiuti in punta di piedi su un tappeto di biglie rotolanti prima di cadere, provando, come lungo la vita, a mantenere per quanto possibile un equilibrio, superando l’incertezza che ci connatura. La galleria Artopia aveva inaugurato nel 2001 proprio con la mostra dell’artista In punta di piedi. Così anche Driant Zeneli nell’altro video The dream of Icarus was to make a cloud, da una trilogia del 2009, che tenta una sfida a se stesso in un mirabolante volo à la Icaro, nel quale prova oltretutto a ricreare in cielo artificialmente un nuvola, sublimando la sua presenza terrena.
Alle altezze naturali, aeree e spirituali e ai contrasti pesanti, gravitazionali, si riferiscono poi gli eloquenti lavori fotografici, sia di Michele Zaza col dittico in verticale Arborescente (2023) dove il volto dell’artista genera una «tensione germinativa» verso l’alto, sia di Giacomo Segantin nei suoi Appunti per un film sull’oblio (2025) che invece coglie dal basso, dal riflesso che si crea su un bacino d’acqua, una visione su delle cime montuose, ribaltando la direzione di sguardo consueta e confondendo i sedimenti nella profondità dell’acqua con le nuvole specchiate.
Chiamano a questa fluidità anche le figure volanti su carta di Sara Bichão del 2012 e quelle sempre su carta sospese, anche nel tempo e cariche di riferimenti, in un esemplare di Vettor Pisani del 2010. E se la Superficie a testura vibratile n. 6011 di Getulio Alviani, dei primi anni ‘70, evoca astrattamente quella eterea, volatile, possibilità dell’uomo di provare a mettere in forma “programmata” i suoi desideri, cambiando la percezione della realtà, ci riporta a una narrazione umana e paesaggistica il volo pindarico di Giuseppe Caccavale attraverso le alture della Lucania, che ispiravano il poeta Leonardo Sinisgalli, l’Armenia descritta da Ossip Mandel’štam fino alla Russia di Lev Tolstoj nel racconto Padre Sergij, autori omaggiati nei due lavori scultorei intitolati Soglia del 2010.
Cadute dal cielo, definitivamente atterrate invece, le Dust buddy, 2023 di Sonia Leimer, ancora due sculture che però abbandonano le storie per solidificare l’etere, evocando le particelle magnetiche di polvere cosmica, come viste al microscopio, che sappiamo regolarmente raggiungere la terra. Un apparente schianto al suolo, nell’impossibilità umana di ragionare su scala cosmica, ci rinviene poi tanto dal pezzo di Giuseppe Spagnulo Ferro spezzato piano del 1974 in cui un’ala si innalza, l’altra porta pesantemente al suolo, quanto dalla serie di scatti in bianco e nero di Lisetta Carmi del 1966 al Cimitero di Staglieno (GE), in cui è rappresentato il corpo terreno di facoltosi “bourgeois” immortalati in posa in granitiche statue accanto alle sepolture.
Sembrerebbe la fine di tutto, cedendo alla terra, che tuttavia ci resiste e ci supera, ancora, per ora: ce lo mostra con speranza Flatform nel video Storia di un albero (2020) girato intorno alla leggendaria e monumentale Quercia Vallonea di Tricase, che domina in Salento come una torre da 900 anni e senza restauri! Elemento naturale di congiunzione con la ricerca multimediale svolta sul campo, d’evocazione dei simboli, stili e tradizioni dell’agro pugliese, che ritroviamo compiuta negli interventi, delle rigorose sculture metalliche in serie, di Ornella Cardillo Vesti fonetiche e di Simone Carraro, i cui segnavento dal titolo Spaccapietre resteranno nel giardino di opere all’aperto in permanenza al Trullo Rubina.
Nucré vuole connettere bellezza e patrimonio locali, sviluppando le differenti tematiche trattate a ogni edizione, coinvolgendo sguardi altri sul luogo, col risultato anche di allertare il territorio un po’ seduto sul suo folklore e la sua tipicità. Un’esortazione a volare più in alto? «Ci sono due futuri», scriveva nel 1929 lo scienziato Bernal: «Il futuro del desiderio e il futuro del destino, e la ragione umana non ha mai imparato a separarli».
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