Gli Istituti di cultura escono dunque dal loro guscio grazie alla vis comunicativa che un Paese come l’Italia, con la sua bellezza e la sua storia, imprime alla loro attività e, come si dice oggi, fanno network. Ma in concreto? A parte le iniziative come Eternal tour, ovviamente…
In concreto, tante cose. Se sei borsista in un’Accademia, sei già in rete con tutte le altre accademie, e quella è già una forma di Grand tour. Puoi essere messo immediatamente in contatto, se vuoi, con uno spagnolo o un danese che studia il latino come te o è ellenista come te. Esistono delle vere e proprie mailing list dove, come borsista svizzera, sono invitata ogni settimana in un’Accademia diversa. Certo, è un’apertura a questo livello, che per certi versi però è un livello chiuso, perché rimane circoscritto all’ambito dei borsisti. Lo scopo di Eternal tour è proprio questo: aprire la rete fra Istituti ai romani e viceversa, perché è una grande ricchezza dalla cui fruizione nessuno può essere escluso.
Questo vuol dire che il Grand tour, un po’ paradossalmente, aiuta gli stranieri a sentirsi cittadini del mondo anche visitando un Paese solo, soprattutto se questo Paese è l’Italia. Oggi però sembra che questa funzione di raccordo sia più che mai ricoperta dalle nuove tecnologie applicate alla telematica: le chat, i social network, il Web 2.0…
Quatremère de Quincy, a cui come intellettuale e archeologo toccò in sorte di vedere opere d’arte rastrellate da Napoleone in giro per l’Italia per quello che sarebbe poi diventato il Louvre, diceva già tra Sette e Ottocento che non si può portar via un pezzo dal suo luogo originario senza intaccarne profondamente il significato storico e artistico. Anche se non si danneggia l’opera, nello sradicamento, se ne danneggia comunque la “fisicità”, l’appartenenza corpo e anima a un luogo e a un’epoca. È vero, siamo tutti sempre in contatto via chat, email, VoIP e quant’altro, ma così tu non tocchi la realtà, il fatto concreto. Per questo è importante promuovere un festival come Eternal tour e fare in modo che la gente partecipi, che gli ospiti stranieri incontrino i romani e che si vedano, si parlino. Io parlo a nome di tutto il team di Eternal tour: per noi sono importanti non solo le opere d’arte, ma anche le persone, la loro lingua. Abbiamo anche dei progetti sonori in questo senso, con ospiti che mettono in evidenza la propria voce, il proprio accento, senza il timbro metallico che dà inevitabilmente lo strumento di trasmissione. C’è anche il fatto che quando decidi di andare via dalla tua casa per vivere altrove ti immergi completamente in un altro gusto, in un’altra percezione delle cose.
Anche se i borsisti hanno tutti fra i 25 e i 40 anni, abbiamo anche scelto degli specialisti che sono sulla cinqunatina ma soprattutto sono dei free-lance, non sono professori universitari, quindi in grado di rivolgersi a un pubblico anagraficamente anche molto eterogeneo. E poi c’è l’indubbio interesse che i luoghi splendidi in cui gli Istituti stranieri hanno sede suscitano in tutti i romani, che anche avendo sessant’anni possono essere stati privati della vista che si gode ad esempio dalla terrazza dell’Istituto finlandese, una panoramica mozzafiato che copre tutta Roma.
C’è quindi anche da parte degli Istituti l’esigenza di aprirsi alla città…
Assolutamente sì. Purtroppo, però, nella preparazione di questo festival abbiamo riscontrato da parte loro tanta inerzia, causata da una forte burocraticità del sistema. Purtroppo sono luoghi in cui generalmente si viene a finire la propria carriera da intellettuale, e iniziative come questa ne risentono. Per l’Istituto Svizzero di Roma, poi, questa sarà l’occasione di aprirsi in un momento importante, perché il 4 luglio festeggerà i suoi sessant’anni dalla fondazione con una serata di gala a cui possono partecipare tutti.
Il Grand tour aveva anche come scopo di educare alla bellezza, concetto ormai superato. Pensi che sia anche questo un valore da recuperare?
Certo, oggi più che mai. Intendendo la bellezza come incontro con l’altro.
a cura di valeria silvestri
[exibart]
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