La seconda vita di un’installazione alata: intervista a Gian Marco Porru

di - 11 Dicembre 2025

Dal mito di Medea al culto di Dioniso, dalle ritualità archetipiche del bacino Mediterraneo agli strascichi di devozioni intese nella loro accezione più ampia e libera, la pratica di Gian Marco Porru affonda le proprie radici nelle usanze, negli atti e nelle estetiche che fungono da fondamenta per la cultura nella quale egli stesso è immerso e della quale si nutre.

Nel 2024, su invito di Hermès, si dedica alla realizzazione di un viaggio immaginifico nella storia della Maison dalla quale nasce un’installazione pensata per le vetrine della boutique di via Montenapoleone a Milano. Oggi Marmellata di mele cotogne ha trovato la propria dimora presso lo Spazio Young della Biblioteca Sormani, grazie alla donazione della Maison e dell’artista al Comune di Milano. L’artista ce lo racconta in questa intervista.

Gian Marco Porru, Marmellata di mele cotogne, veduta dell’installazione, Biblioteca Sormani, Milano

Nei tuoi lavori il mito non è un semplice riferimento narrativo ma un vero e proprio dispositivo capace di coadiuvare la lettura e l’interpretazione del presente. Quando sei stato incaricato da Hermès per realizzare una commissione speciale per le vetrine della boutique di Via Montenapoleone come sei approdato al mito di Ermes e Pegaso? Qual è stata la tua principale fonte di ispirazione nello sviluppo della narrazione che ha dato vita a Marmellata di mele cotogne?

«“Lo spirito del Faubourg” era Il tema di comunicazione pensato dalla Maison Hermès per il 2024, quando mi è stato affidato il progetto speciale delle vetrine della boutique di Milano. Il Faubourg Saint-Honoré è la boutique storica di Parigi della Maison e da subito mi è sembrato un luogo ricchissimo di storie – tra le scale, l’ascensore, i mosaici, le terrazze e soprattutto tra le voci delle persone che lo hanno vissuto e lo vivono ancora. Tutto è nato da un susseguirsi di storie che mi hanno raccontato che io ho visualizzato come un collage di immagini. Ho trovato il giusto spazio per una narrazione frammentata, un salto, un atterraggio, uno sguardo in su e poi improvvisamente di nuovo giù tra le mele cotogne.

Nello specifico, quello che mi ha colpito è che annualmente sul terrazzo del Faubourg vengono raccolte le mele cotogne per fare la marmellata. Un aneddoto semplice: una famiglia che segue una ritualità e rinnova questo legame ciclico con la natura mi ha affascinato subito. Poi ho immaginato che tutto potesse iniziare in cielo, tra quei nuvoloni colorati che cambiano forma e ci intrattengono invitandoci a indovinare a che cosa assomigliano».

Gian Marco Porru, Marmellata di mele cotogne, veduta dell’installazione, Biblioteca Sormani, Milano

Molte delle tue opere hanno a che fare con il tema della trasformazione, del passaggio tra realtà e fantasia e spesso si misurano con una mutazione che le vede evolvere a seconda del contesto che le ospita. Pensi che la tua opera Marmellata di mele cotogne sia cambiata, ora che da una dimensione installativa temporanea nel contesto commerciale è approdata alla Biblioteca Sormani, e in particolare allo Spazio Young, un luogo pubblico, permeabile e aperto anche alle generazioni più giovani?

«Progettare delle vetrine per me è come pensare a delle fotografie. Penso sempre a un racconto che nel caso specifico di Milano e di Marmellata di mele cotogne è fatto di quattro immagini. Una accanto all’altra sviluppano una storia riassunta in questi brevissimi istanti. È quasi un’epifania a verificarsi in ogni vetrina: Pegaso si stacca da terra e vola, la mela cotogna è appena caduta, il frutto è scelto. E come nella fotografia penso ci sia qualcosa della storia che rimane non detto: sopra, sotto, a destra e a sinistra qualcosa è stato tagliato e si crea come un momento di silenzio nel quale lo spettatore può inserirsi completando la narrazione, immaginando altri spazi, altri dettagli ma anche altri inizi o altri eventuali sviluppi.

Le vetrine poi sono immerse nella città, dialogano con tutto quello che sta loro intorno: i passanti, i cani, i palazzi, i riflessi. Alla Biblioteca Sormani invece questa stessa opera è calata entro i limiti di un cielo che a volte gode del silenzio perfetto di una sala di lettura mentre altre è immersa nel brusio delle voci dei bambini. Io ho modificato le dimensioni e la disposizione per poter valorizzare al meglio il riuso di un allestimento temporaneo ma l’installazione ha una propria autonomia, risuona diversamente e certamente è cambiata tantissimo rispetto allo spazio iniziale: le quattro immagini separate del racconto che avevo pensato non esistono più, si sono unite in un’unica immagine che racconta storie diverse».

Gian Marco Porru, Marmellata di mele cotogne, veduta dell’installazione, Biblioteca Sormani, Milano

Nel racconto visivo di Marmellata di mele cotogne confluiscono suggestioni mitologiche e una moltitudine di elementi legati all’immaginario del bacino Mediterraneo. In che modo pensi che questa amalgama di archetipi visivi e narrativi possa dialogare con il patrimonio storico-culturale della città di Milano, della Biblioteca Sormani?

«Nella cupola dello spazio che ospita il mio lavoro alla Biblioteca Sormani in un grande affresco è raffigurato un personaggio mitologico che regge delle briglie dipinte in modo molto dinamico, come se avesse appena lasciato andare un cavallo. È un personaggio un po’ marginale rispetto alla narrazione centrale che però ha catturato la mia attenzione non appena abbiamo montato il lavoro. Mi sembrava che proprio da lì il cavallo protagonista della mia storia si fosse staccato per iniziare la sua corsa. Questo credo sia il dialogo che si è creato nello specifico nella stanza, una sorta di montaggio di due brevi sequenze cinematografiche…Poi continua fuori scappando dalle finestre della Sormani, dialoga con le nuvole e si arrotola nel cielo».

Gian Marco Porru, Marmellata di mele cotogne, veduta dell’installazione, Biblioteca Sormani, Milano

Quali speranze hai nei confronti dell’impatto che questa installazione potrà avere sui visitatori della Biblioteca Sormani?

«Ho la speranza che possa diventare un invito a continuare la storia di quel cavallo che scappa via, con altre immagini (Scappavia era il nome del primo cavallo che ho conosciuto). Io ho odiato leggere per tantissimo tempo, odiavo leggere e odiavo i numeri. Volevo solo disegnare. Quando scrivevo le espressioni mi concentravo per disegnare un bel 5 e poi sulla forma della parentesi graffa, mi sembrava un viso di profilo e mi piaceva farla perfetta, non ho mai saputo risolvere un’espressione. Ho capito molto tardi che la parola scritta è ovviamente una grande risorsa narrativa anche se ancora leggo in modo confuso: leggo la stessa frase più volte, a volte rileggo lo stesso libro, sottolineo, riscrivo delle frasi a modo mio e spero sempre che a un certo punto, girata la pagina, ci sia un’immagine. Mi piace ascoltare e immaginare le storie e nel tempo mi sono abituato a raccontarle per immagini e non solo con le parole».

Gian Marco Porru, Marmellata di mele cotogne, veduta dell’installazione, Biblioteca Sormani, Milano

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