C’è un Leonardo che non disegna né inventa ma annota. Parole, centinaia di parole. Nei suoi taccuini milanesi, tra formule di prospettiva e calcoli d’ingegneria, il genio rinascimentale elenca vocaboli come “vivore”, “plenitudine”, “merore”, “salvatico”. Parole da non dimenticare, «Utilissime alla vita sulla Terra», come le definisce Sabrina D’Alessandro, artista e studiosa che al Castello Sforzesco di Milano dà corpo e voce a quel lessico perduto.
Con Leonardo Parlante. Micanti, salvatiche e infallanti. Le parole di Leonardo in mostra (fino al 31 gennaio 2026), D’Alessandro restituisce alla città l’anima linguistica del Maestro, trasformando i vocaboli del Codice Trivulziano in opere d’arte, installazioni e affissioni urbane che fanno di Milano un libro aperto a cielo aperto.
All’origine della mostra c’è una ricerca filologica tanto minuziosa quanto poetica. Durante la sua permanenza a Milano, Leonardo compilò circa ottomila termini nel Codice Trivulziano 2162, oggi conservato presso l’Archivio Storico Civico e la Biblioteca Trivulziana. Non semplici appunti ma un vero archivio della memoria linguistica, che traccia una linea di convergenza tra curiosità scientifica e puro desiderio di conoscenza.
D’Alessandro, fondatrice dell’URPS – Ufficio Resurrezione Parole Smarrite, ha riportato in vita una selezione di quei vocaboli rari e arcaici, trasformandoli in presenze fisiche. Così, termini che evocano visioni e sentimenti tornano a circolare tra mura e strade, instaurando una strettissima connessione tra l’arte e il linguaggio.
Nel Cortile delle Armi del Castello, Salvatica accoglie i visitatori come un portale lessicale. La grande scultura in terracotta prende nome da un lemma del Codice Trivulziano: “salvatico”, che letteralmente significa “selvatico”, “silvestre”, ciò che nasce spontaneamente senza intervento dell’uomo ma che, in un gioco linguistico, Leonardo reinterpreta con l’intuizione di “ciò che si salva”. Al suo interno, l’opera custodisce e salva altre parole smarrite, disposte in coppie opposte – vanità / purità, miseria / largità, virtù / follia – a sottolineare le riflessioni leonardiane su etica e morale che si ritrovano nelle sue favole, nei bestiari e nelle profezie.
Nella Corte Ducale, all’interno della vasca, si fronteggiano invece Vanagroria e Purità: la prima, in acciaio lucidato a specchio, si fa materializzazione di un’illusione destinata a scomparire. La seconda, in terracotta, si ispira a un passo leonardesco sugli elefanti che si immergono nell’acqua per purificarsi. L’opera si fa pertanto metafora di rigenerazione e integrità, contrapposta alla leggerezza effimera di Vanagroria.
L’esposizione valica però i confini del Castello e finisce per invadere la città. Attraverso un circuito di affissioni pubbliche, D’Alessandro dissemina i vocaboli leonardiani nello spazio urbano, accompagnandoli con frammenti tratti dai manoscritti e costituendo un vero e proprio ponte fra passato e presente attraverso la parola, che viaggia nel tempo e ritorna in tutta la sua musicalità. Infallante si lega alla frase «Raro cade chi ben cammina», plenitudine alla visione amorosa «Quando l’amante è giunto all’amato, lì si riposa». Il risultato è un percorso poetico e filosofico che attraversa Milano come un atlante linguistico, invitando cittadini e visitatori a riscoprire la potenza della parola.
Prodotta dal Castello Sforzesco e da Casa degli Artisti con il sostegno di Fondazione Cariplo, Leonardo Parlante rappresenta la sintesi di una ricerca che unisce filologia, ricerca, scultura e arte pubblica. Dopo la tappa milanese, il progetto approderà al MUNAF – Museo Nazionale di Fotografia che ha acquisito nella propria collezione la serie Fotopiuvoli Trivulziani e che, fino a febbraio 2026, ospiterà l’artista nella mostra Scrittura Obliqua. A ottobre, in occasione della XXV Settimana della Lingua Italiana nel Mondo, la mostra approderà anche a Oslo, presso l’Istituto Italiano di Cultura, confermando la sua risonanza internazionale.
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