Powerhouse Art's Artists Celebration, "Fête of the Fates", featuring Livia Miller, Chance Lockhart, Holly Greene. Photo courtesy Powerhouse Arts
Powerhouse Arts, un’organizzazione no-profit americana nata per offrire un luogo d’incontro agli artisti, amplia ulteriormente i propri orizzonti: dopo la riapertura nel 2023 della storica centrale elettrica di Gowanus, oggi si prepara a trasformare l’ambiente in un vero e proprio polo multidisciplinare di quasi 16mila metri quadrati, capace di ospitare mostre, performance e grandi produzioni. Un progetto che punta a competere con istituzioni del calibro della Park Avenue Armory o della Brooklyn Academy of Music ma mantenendo un’anima indipendente e collaborativa.
Sotto la direzione artistica di David Binder, vincitore del Tony Award, Powerhouse ha inaugurato un festival di arti performative nell’ampio terzo piano della vecchia centrale, un festival che attraversa generi e linguaggi: teatro, musica, danza, installazioni e opere che sfidano i limiti fra le categorie. A aprire le danze, Sybil (2019) di William Kentridge, un’opera che combina musica, teatro e videoarte. Il programma, in corso fino a dicembre, include i lavori dei coreografi Hofesh Shechter e Christos Papadopoulos, oltre a quello della performer Carolina Bianchi con il collettivo Cara de Cavalo. A completare il percorso, l’installazione interattiva di Kate McIntosh, che invita il pubblico a entrare nel processo creativo armato di utensili e occhiali protettivi.
«Tutto ciò che facciamo è per sostenere gli artisti e garantire che abbiano spazio, tempo e risorse per realizzare i loro sogni», ha dichiarato Eric Shiner, presidente di Powerhouse Arts, durante il gala di apertura.
Non stupisce, quindi, che la comunità artistica stia rispondendo con entusiasmo. Tra i sostenitori del festival figurano nomi di primo piano, come quelli di Amy Sherald, Shamel Pitts e Miles Greenberg e gallerie internazionali come Hauser & Wirth e Goodman Gallery. Quest’ultima, ad esempio, ha collaborato alla produzione di edizioni accessibili, realizzate negli atelier di incisione di Powerhouse.
L’attenzione alla manifattura è infatti parte integrante dell’identità di questa realtà: nei laboratori della centrale si producono sculture, ceramiche, serigrafie e opere su larga scala, unendo la dimensione artigianale a quella concettuale. Il maestro incisore di Powerhouse, Luther Davis, ha inaugurato una fiera dell’incisione a marzo, mentre a maggio Powerhouse ha ospitato Conductor, una rassegna dedicata a voci emergenti di Brasile, Messico, Porto Rico, Palestina e Sud-Est asiatico. Entrambi gli appuntamenti torneranno nel 2026, a conferma di un modello che unisce pratica e visione curatoriale per dare voce agli artisti, affinché, come sottolinea la mission dello spazio, possano avere un luogo per esprimersi.
Quest’anno, l’organizzazione si è concentrata molto su performance, danza e incisione. Con le recenti nomine di Diya Vij, già curatrice di Creative Time, come vicepresidente dei programmi artistici, e di Brittni Collins come direttrice dell’arte pubblica, Powerhouse annuncia una nuova fase di espansione. Le prime artiste in residenza – Grace Lynne Haynes, Nazanin Noroozi e Ngozi Olojede – inaugureranno un ciclo dedicato a giovani voci newyorkesi.
Dietro il successo dell’iniziativa c’è anche una rete di figure che ha creduto nel progetto fin dall’inizio. Tra loro Hannah Gottlieb-Graham, fondatrice di Alma Communications, che nel 2023 aveva commissionato a Miles Greenberg una performance di sette ore per l’apertura: un rituale ipnotico in cui Greenberg e i suoi performers si muovevano con delle spade in mano tra piedistalli e un lago artificiale di arance.
Oggi, Powerhouse Arts è molto più di un centro di produzione, è un esperimento sociale e culturale che reimmagina il ruolo dell’artista nella città. I graffiti degli anni ’90 rimasti sulle pareti testimoniano le origini industriali del luogo, ma anche la sua identità aperta e in divenire. «Non c’è niente di simile esteticamente a New York», commenta Gottlieb-Graham. «Ha una vera personalità».
A questa energia si unisce l’impegno per l’accessibilità: oltre 10mila biglietti a 30 dollari per garantire che il progetto possa effettivamente essere accessibile per tutti. Questo festival affonda le proprie radici nella libertà artistica, nella sperimentazione e nella risposta audace all’interno di un panorama in cui le istituzioni tradizionali faticano a rinnovarsi. Powerhouse sembra incarnare un nuovo modello: libero, permeabile e vivo.
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