È l’uomo rinascimentale, sicuro del suo essere al mondo, il soggetto rappresentato da
Beatrice Pasquali (Verona, 1973; vive a Verona e Bologna), promotrice di un’arte scultorea intrisa di dogmatico sapere scientifico. È l’arte che si rende ancella della scienza o viceversa? È nato prima l’uovo o la gallina?
L’artista veneta fa un vero e proprio salto nel passato, riportando a galla una forma di pensiero riconducibile a
Leonardo e alla precedente tradizione fiorentina quattrocentesca. Infatti, tramite le sue installazioni, Pasquali fa rivivere l’arte come conoscenza del reale, come strumento di un sapere scientifico rigoroso. L’artista di fine XV secolo non concepiva l’indagine scientifica in opposizione o disgiunta dall’operare artistico, ma era teso a manifestarle entrambe, una al servizio dell’altra, funzionali alla resa di tutto lo scibile.
La mostra trae le sue origini proprio da un trattato di Leonardo sullo sviluppo geometrico dei solidi, gabbie perfette e rigorose per un uomo che veniva disegnato al centro di esse. L’uomo vitruviano ne è l’emblema.
La testa di cera installata al centro della sala si mostra perfettamente inserita nella forma mentis rinascimentale. L’uomo al centro delle cose, colonna portante del mondo circostante. Un uomo composto dalle sue innumerevoli parti, sia che esse appartengano alla sfera fisica sia che rappresentino puro pensiero. Dalla scultura posta nel mezzo, infatti, paiono proiettarsi sui muri circostanti le rappresentazioni del pensiero umano. Un pensiero non inteso nel suo contesto onirico ed evanescente, ma nel suo costituirsi tramite processi fisicamente localizzati. Ad esempio tramite l’occhio che, reso anch’esso scultura di cera, viene sezionato e mostrato in tutte le sue parti. Tutto doveva essere visibile e mostrabile.
La mostra di Beatrice Pasquali sulla rappresentazione di un sapere misurabile e osservabile non poteva, infine, non permearsi dei significati della scienza di cui Cesare Lombroso fu illustre promotore nel XIX secolo: la fisiognomica. Una scienza che localizzava nel volto della persona devianze e tipologie criminali. L’artista veronese si rifà a tutti quei saperi che ancorano le proprie basi su certezze dogmatiche e ostentatamente certe come la frenologia, secondo la quale le singole funzioni psichiche dipenderebbero da particolari regioni del cervello.
Il valore didascalico dell’esposizione risulta, forse, un po’ troppo marcato. Ma, nell’insieme, Beatrice Pasquali riesce amabilmente a riportare alla luce un bisogno di certezze che non si discosta molto dalla stessa necessità che pervade il nostro secolo.