Categorie: roma

fino al 10.V.2008 | Claudio Spoletini | Roma, Romberg

di - 5 Maggio 2008
Il romanzo di Helga Schneider Il rogo di Berlino potrebbe essere il racconto fuori campo che accompagna le tele del romano Claudio Spoletini. Perché i paesaggi riprodotti in questi ultimi lavori, che rientrano e continuano il ciclo Fabbricato in Italia avviato alcuni anni fa, paiono rappresentare l’attimo prima della catastrofe.
Grandi complessi industriali, completamente vuoti, lasciati a se stessi, sembrano essere stati appena evacuati. Il fumo continua a uscire dalle alte ciminiere, unico elemento che indica la precedente presenza dell’uomo. E pare di vedere la televisione lasciata accesa, la minestra sul fuoco, il rubinetto dell’acqua ancora aperto. Come in una rinnovata Pompei. Ovunque, in un’atmosfera di sospensione quasi onirica, nella decina di tele di diverso formato allestite nei due ambienti, regna il silenzio.
Fedelmente riportati con un voluto tratto infantile, i quadri riproducono quei complessi industriali peculiari del Nord, dove l’industria era il baricentro intorno al quale si sviluppava un articolato sistema sociale. Ecco sorgere accanto alla fabbrica, come in una sorta di ordinata ragnatela, le abitazioni degli operai, le scuole, i piccoli spacci, creando piccoli nuclei autosufficienti e autonomi in cui, nell’utopistica visione degli anni ‘30-‘50, l’operaio era il cuore di tutta la struttura. Ma in realtà veniva sempre più ingabbiato nella struttura stessa e alienato dal mondo circostante, reso un automa diviso tra casa e lavoro.

Le fabbriche, seppur non sappiamo quali siano esattamente (a parte alcune icone dell’industrializzazione come il Lingotto di Torino), sembrano note perché rientrano perfettamente nello stereotipo impresso nell’immaginario collettivo, così come la casa tipo è quella con la porta, due finestre al primo piano e il tetto rosso a spiovente. Ma al di là dell’individuale bagaglio culturale, le fabbriche di Spoletini sono il risultato di ricerche in archivi fotografici e non frutto della fantasia.
A enfatizzare maggiormente quest’aspetto evocativo e di sospensione sono i colori. Pressoché monocrome, le tele sembrano la trasposizione pittorica di fotografie virate. Così, quei colori quasi seppia o celeste conferiscono un’apparenza spiccatamente onirica. E, come in tutti i sogni che si rispettino, in cui il paradosso diventa normalità, ecco che in queste architetture, tutte guardate dall’alto con una prospettiva a volo d’uccello, compaiono i noti giocattoli in latta, perfettamente attivi: l’aereo che vola nel cielo terso, la locomotiva su un binario morto, il furgoncino del latte senza ruote.

Macchine azionate da chissà quale entità, ché nessuna è condotta da esseri umani. E sono gli unici elementi che hanno una resa realistica. Così, il piccolo aeroplano di latta, appeso al soffitto dell’ambiente al piano inferiore, nel suo volo paradossale, si trasforma in immagine sulla parete, per poi entrare nel quadro. Come a invitarci a entrare nel sogno di quel mondo ormai perduto.

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dal 15 marzo al 10 maggio 2008
Claudio Spoletini – Fabbricato in Italia 2
a cura di Gianluca Marziani
Romberg Arte Contemporanea
Piazza de’ Ricci, 127 (zona campo de’ Fiori) – 00186 Roma
Orario: da martedì a sabato ore 14-19.30; lunedì e mattine su appuntamento
Ingresso libero
Info: tel./fax +39 0668806377; artecontemporanea@romberg.it; www.romberg.it

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