Non stupirebbe se sulla vetrina trovassimo un cartello “galleria in allestimento”. Invece si può entrare, la mostra è in corso. Lo spazio stravolto è semplicemente stato piegato ai voleri dell’artista coreana Jooyeon Park (1976, vive a Seoul), che impiega con disinvoltura la fotografia, il video, la scultura e l’installazione. Le sue impalcature, che costringono il visitatore ad un percorso tortuoso, creano un’atmosfera da cantiere. Sottolineata anche dal disorientante andamento obliquo della parete fittizia. Fittizia come tutte quelle architetture di cartongesso create e distrutte per gli allestimenti delle mostre. Ed è questo ciò che raccontano i monitor appesi come piccole cornici sul bianco tramezzo: il lento e sconosciuto lavoro di coloro che agiscono prima di ogni opening: exhibition designer, architetti, direttori di musei e galleristi. Persone che non vengono citate in nessun colophon e di cui spesso non s’immagina neanche la presenza, ma che altrettanto spesso trovano soluzioni brillanti, compiendo addirittura piccole magie. Magie che le lente immagini che scorrono sui quattro monitor mostrano: dove c’era una porta ora c’è un muro, il passaggio perfettamente camuffato nella parete. Su queste persone, che si muovono nell’anonimato, si è soffermata l’attenzione dell’artista. Sui loro monotoni e ripetitivi movimenti, sempre gli stessi, al di là del luogo e dell’evento.
Alla fine il risultato sono delle “fotografie animate”, dei monocromi abbacinanti sui quali, in maniera quasi impercettibile, si muovono quei piccoli costruttori. E’ un gioco di rimandi e di richiami. Lo spazio bianco, imbiancato da pittori con una
daniela trincia
mostra visitata il 25 maggio 2005
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