Jan Vercruysse (1948), belga di nascita e “cittadino dell’Europa Occidentale tutta” (come lui stesso si definisce), è un artista concettuale. Senza ombra di dubbio. E come sempre, di fronte ad opere concettuali non è dato opporre resistenza. E’ necessario lasciarsi andare, farsi guidare per mano negli intricati sentieri del ragionamento. Quello dell’artista, ovviamente.
Fatto 1: due lastre di acciaio di color nero di identiche dimensioni, una sull’altra, perfettamente combacianti. Unica differenza: su quella superiore sono state ricavate le forme del “seme” del sei di fiori delle carte da gioco da poker. Entrambe sul pavimento. Fatto 2: serie di sagome, sempre di acciaio, sempre di colore nero, nelle forme dei quattro dei semi delle carte da poker. Unite in cinque gruppi. Appese su una parete. Fatto 3: serie di sagome, sempre di acciaio, stavolta di colore dorato, sempre nelle forme dei quattro semi delle carte da poker. Di nuovo suddivise in cinque gruppi. Appese sull’altra parete. Tutto qui. E’ a questo punto che bisogna farsi portare per mano nella foresta dei mille significati possibili. Abbandonare il “fatto” oggettivo per entrare in quello concettuale. Già “entrando” si compie quell’azione di “essere in un luogo”, in Places, appunto.
Ora però, analizzando i fatti, si devono tener presenti delle costanti fisse. La prima: il numero romano che segue il titolo del lavoro: ovvero “I” e “II”. Rispettivamente indicano: “I” sempre i lavori pensati per le pareti e sempre i semi delle carte; “II” sempre quelli collocati al pavimento e sempre le lastre. La seconda indicazione è data dai lavori immediatamente precedenti, ovvero Tombeaux, perché Places (I) e (II) ne sono il naturale sviluppo. Infatti il termine Tombeaux indica contemporaneamente il luogo della sepoltura e la composizione poetica in memoria di chi non c’è più (reminiscenza della sua iniziale attività di poeta); indica quindi un’assenza/presenza, perdita/memoria. Places I inoltre sono una trasposizione simbolica degli ex voto.
Partendo dall’assunto che i semi delle carte da gioco appesi al muro indicano una mano del poker, ma senza le figure, la prima rappresenta un full e la seconda una doppia coppia all’asso. E’ quindi una partita, improbabile proprio per il gioco stesso del poker: non si può giocare senza figure. E anche se la doppia coppia all’asso è dorata, a vincere è il full. Ma chi vince veramente, se poi il ruolo dell’asso piglia tutto lo svolge il sei di fiori della lastra sul pavimento? Chi vince nonostante “la grazia ricevuta”? Ma seppur un gioco, i Places “ concentrano i significati, cose che sono accadute, parti di vita. They seem to be bloody serious”.
articoli correlati
Jan Vercruysse – Camera Oscura & Other works
daniela trincia
mostra visitata il 25 febbraio 2005
La nascita della Sonnabend Collection Mantova, dentro il restaurato Palazzo della Ragione — inaugurata il 29 novembre 2025 con 94…
Alcuni dei suoi edifici sono i più importanti al mondo: Frank Gehry, colui che ha praticato l'architettura, o forse più…
La Società delle Api nomina Luca Lo Pinto come direttore artistico: la Fondazione creata da Silvia Fiorucci sposta a Roma…
Fino al 22 marzo 2026, la Fondazione Luigi Rovati celebra i Giochi Olimpici con una mostra che unisce storia, arte…
È morto Giovanni Campus: se ne va un protagonista rigoroso e appartato dell’arte italiana del secondo Novecento, tra gli innovatori…
La pollera, da indumento retaggio di subordinazione femminile nell'America Latina a simbolo di emancipazione internazionale: la storia del collettivo ImillaSkate,…