La mostra alla Calcografia illustra le origini e l’evoluzione della xilografia. L’incisione su legno, o xilografia, è la tecnica grafica più antica, e risale alla seconda metà del XIV secolo. Consente di riprodurre e moltiplicare le immagini e, dato il basso costo delle matrici in legno, venne utilizzata per numerosi scopi. Sono xilografie le immaginette devozionali che i pellegrini si portavano in viaggio, i calendari, le carte da gioco, prodotti che, vista la destinazione d’uso comune, non ci sono pervenuti. All’inizio del Cinquecento alcuni centri si specializzano nella realizzazione di xilografie, fino a portarle al rango di opera d’arte, come Germania, Paesi Bassi e, in Italia, Venezia.
A Venezia la tecnica xilografica si allontana dall’uso più diffuso legato all’illustrazione del libro, rivolgendosi al disegno artistico. Molte sono le riproduzioni di disegni di Tiziano, Raffaello, Parmigianino e ancora altri. Di Ugo da Carpi è possibile ammirare il Diogene.
L’introduzione delle tecniche di incisione a bulino, le acqueforti e le acquetinte, fa sì che la xilografia cada in disuso. Il suo recupero avverrà nel corso dell’Ottocento con la crescita dell’attività editoriale, e, successivamente, tornerà alla ribalta grazie all’opera di quegli artisti, soprattutto francesi e tedeschi, che, affascinati dalle stampe policrome giapponesi diffuse in Europa, videro nel segno xilografico un elemento utile a rinnovare il proprio linguaggio.
Gli espressionisti la utilizzarono e sperimentarono ampiamente per l’asprezza e la violenza che conferiva alle immagini.
In mostra, oltre le xilografie giapponesi, sono presenti anche opere di Schmidt-Rotluff, Heckel, Marc, Viani, Matisse, Picasso.
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