Un anno dopo la sua mostra tenutasi presso la Galleria Nazionale d’Arte Moderna durante il Festival FotoGrafia 2005, Jeremy Stigter (Olanda 1958; vive a Parigi) torna a Roma per proseguire idealmente la serie proposta in quell’occasione. Anche qui il fotografo guarda all’Oriente e in particolare al Giappone, sua particolare ossessione tematica e culturale, per produrre una serie narrativa adatta a restituirci il clima e l’umore di una cultura antichissima.
Le nove foto in mostra rappresentano alcuni frame di un racconto più ampio, che comprende e comprime sensazioni di tutto un viaggio. Sono scatti prodotti con apparente immediatezza, con una volontà che sembrerebbe documentativa, ma che nella realtà è il frutto di una paziente attesa del momento più significativo dal punto di vista formale ed emozionale, raggiunto nel proprio relazionarsi, da artista, con le cose. Momento che in ogni caso viene provocato attraverso una personale selezione, a volte sceneggiata, dell’imprevedibile flusso esistenziale. Le sue sono immagini in bianco e nero, spesso ritratti di volti e di persone, di luoghi che vivono partecipi di un sentimento universale. È il Giappone, ma gli sguardi, i momenti dell’attesa di un cliente al bancone, del treno giusto, di un passeggio lungo e solo sono attimi vissuti e replicati ogni giorno ovunque e da chiunque. La sapienza formale e la qualità tecnica dei lavori di Stigter favoriscono l’empatia del fruitore rispetto la scena ritratta che –proprio attraverso la sua quotidianità e normalità- emoziona, punge, come direbbe Roland Barthes, attrae intimamente.
In Schoolboy, ad esempio, un bimbo attende il treno o forse, appena sceso, si avvia verso la scuola o verso casa. L’immagine, semplice, formalmente perfetta, ci restituisce un’emozione provata, familiare. Ed è esattamente questa restituzione esplicita di esperienze comuni la forza di una fotografia, la sua, che non pretende per se artificiosità concettuose né tantomeno purismi tradizionalisti. Solo la forza rivelatrice di una qualche condivisibile affettività nelle cose.
Redazione Exibart
mostra visitata il 15 dicembre 2006
[exibart]
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