Nelle sale del museo, l’atmosfera è quella di una corte cinese d’inizio Settecento: maestosa, opulenta, raffinata. Il percorso espositivo si snoda fra le oltre trecento opere provenienti dalla Città Proibita. Arredi, vasi, dipinti, interi servizi in cloisonné, orologi da tavolo, sigilli imperiali, oggetti e paramenti cultuali: pezzi che in molti casi non hanno mai varcato i confini della Cina. Complice il sottofondo musicale realizzato ad hoc, l’allestimento riesce a produrre l’illusione di un viaggio nel tempo. Nello splendore artistico-culturale che il Paese di Mezzo raggiunse durante l’ultima dinastia Qing, sotto la guida di Qianlong (1711-1799). La stirpe dell’imperatore, dall’originaria Manciuria, aveva conquistato la Cina nel 1644 e, occupando Pechino, si era insediata nella Città Proibita edificata dai Ming nel XV secolo. Tradizionalmente i sovrani cinesi acquisivano il loro potere da un “mandato del cielo”, divenendo così amministratori sulla Terra dell’ordine e dell’armonia celesti.
La Città rappresenta, secondo quest’ottica, il condensato di una concezione estetico-politico-religiosa che si manifesta sotto ogni profilo: urbanistico, architettonico, pittorico e artigianale, così come nelle cerimonie e nei rituali; per questo motivo “
la mostra è impostata in modo da interpretarne l’opulenza e la ricchezza sia nelle forme sia nei contenuti”, spiega il curatore Gian Carlo Calza.
L’esposizione è divisa in tre parti. La
Rappresentazione del potere orbita intorno alla ricostruzione della sala del trono. L’obiettivo è ricreare l’ambientazione dei grandi riti di corte e dell’etichetta che regolamentava le cerimonie più importanti. Lo testimoniano gli abiti, indossati dagli imperatori durante le udienze e i rituali per il culto degli antenati; gli strumenti musicali: pietre sonore e campane di tipo
bian e
bo; e, ancora, le armature da parata. Magnifici i rotoli
Parata delle otto Bandiere e
Ritratto equestre dell’Imperatore Qianlong in armatura cerimoniale.
La seconda sezione,
Vita da imperatore, è incentrata sulla personalità di Qianlong e sugli aspetti della quotidianità a corte. Entrando nella
Camera per la coltivazione dello spirito, lo studio privato di Qianlong, è possibile apprezzarne, oltre alle doti di brillante condottiero, quelle di artista e mecenate. Fu infatti pittore, poeta, musico, calligrafo e grande collezionista di ceramiche da tè. Indizi dell’ampia visione con cui governò il suo regno e della tolleranza verso gli apporti esterni sono alcuni capolavori in mostra, opera di
Giuseppe Castiglione. Il gesuita italiano ammesso alla corte dell’imperatore divenne uno dei più celebrati pittori di tutti i tempi grazie ai contributi resi all’arte orientale con l’utilizzo di nuove tecniche e l’uso inedito di colori e prospettive.
L’ultima sezione,
L’impero universale: religione e politica internazionale, è dedicata all’aspetto spirituale e religioso dell’imperatore. Se il buddhismo servì da impalcatura al grandioso progetto di un impero universale, il sincretismo religioso riguardo alle tradizioni locali -confucianesimo e taoismo- e la tolleranza nei confronti di religioni straniere, come il cristianesimo e l’islamismo, furono elementi basilari della strategia politica che determinò il successo di Qianlong e del suo grande regno.