Un vago sentore di sogno attraversa i videoappunti che Antonio Rovaldi (Parma, 1975, vive e lavora a Milano) ha girato a Vulcano. C’è il volto di un uomo anziano sorpreso nel dormiveglia, ci sono le rocce nere su cui il sole batte inesorabile… e potrebbero essere entrambi – viso e agglomerati di sassi – due paesaggi della memoria, scampati al tempo, dopo tutto.
È un viaggio breve questo, in cui un’atmosfera rarefatta permea la successione di immagini, le avvolge, le trascolora, le trasporta in una dimensione onirica; alcune frasi in sovraimpressione possono essere tanto
Il racconto che potrebbe essere o essere stato richiama la trama di sogni mai sognati che tiene prigioniero il marinaio di Pessoa: qui ci sono tanti frammenti di storie – consideriamo così, per un momento le frasi che si sovrappongono alla sequenza video – di cui conosciamo qualche volta l’inizio, qualche volta un finale inspiegabile. Tra Pablo Picasso in completo giallo zafferano avvistato dall’altro lato della strada ed il colpo di pistola sentito nella notte sembra non esserci differenza: tutte e due fatti assurdi e contemporaneamente plausibili.
Nessun evento sconvolge o attraversa le immagini, pare che tutto si sia placato; il volto del vecchio è scavato dalle rughe, le rocce laviche raccontano attraverso i sedimenti la loro storia di magma e di movimenti della crosta terrestre: qualsiasi sia stato, il passato ha lasciato dei segni, cui si sommano le tracce fittizie, sparpagliate tra sogni, desideri, visioni. Come fosse un palinsesto Rovaldi ha costruito questo trascorrere quasi immobile di immagini: elegia di quel che non è avvenuto, o rievocazione, comunque perennemente sul filo di un dubbio sussurrato.
Non ricordo esattamente quando – questo il titolo del lavoro presentato a Roma- è il primo appuntamento del progetto Monitor, curato da Paola Capata e Maria Egizia Fiaschetti, una ricognizione sul panorama video & giovani artisti proposta attraverso una serie di mostre personali.
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