Untitled è la generica denominazione che accompagna ogni scatto della serie di fotografica The pool di Karine Laval (1971, nata in Meudon-la-Foret – Francia, vive a New York).
Frutto di un lavoro lungo circa due anni -che per il tema affrontato potrebbe considerarsi ancora un lavoro in progress– la serie è stata realizzata in diverse località della Francia, della Spagna e del Portogallo. Tutte le fotografie hanno come soggetto principe la piscina o, più precisamente, l’architettura della piscina e le persone che la frequentano. Ritratte e bloccate nelle azioni più diverse, mentre si tuffano o stanno distese al sole, le persone sembrano in realtà delle eteree presenze, sagome senza caratterizzazioni, attori in un palcoscenico all’aperto. La fotografa, intervenendo sul colore e ponendo estrema attenzione alle inquadrature, sfronda lentamente l’immagine degli inutili orpelli. Lasciando solo le principali coordinate per definire il luogo, rimuove tutti i dettagli, offrendo un preciso spaccato della scena, determinato al punto che sembra di sentire il rumore dell’acqua, il chiacchiericcio e le risa delle persone.
Viene sottolineato con forza un paradosso: la piscina è un evidente surrogato di un ambiente naturale come il mare. Paradosso gelidamente dichiarato dalla Laval, che infatti non si preoccupa di eliminare dall’inquadratura il freddo traliccio di una gru usata nei cantieri edili. La piscina sembra costretta tra le mura di edifici invisibili. E anche quando si è effettivamente nel mare, l’artista sottolinea il devastante intervento dell’uomo che, con cemento e ferro -con indifferenza lasciato carico di ruggine- deturpa la naturale fisionomia del paesaggio.
Grande importanza viene attribuita al colore. Sebbene siano giornate di un’intensa luminosità, tutto è reso con tonalità pressoché algide, come se le fotografie fossero intaccate dal tempo, come se i colori fossero sbiaditi da una lunga esposizione alla luce. La sensazione è quella che si prova quando, abbagliati dalla luce del sole, siamo costretti a socchiudere gli occhi e guardare quello che ci è di fronte attraverso le ciglia.
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www.karinelaval.com
daniela trincia
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