Assisi sulle loro poltrone solenni, con sguardo assorto o vivace, i cardinali guardano lo spettatore, dall’alto della loro posizione. Nella varietà di espressioni e scelte rappresentative emerge un atteggiamento fiero, quasi regale, di chi è ad un passo dal traguardo finale ma ancora non può dire di averlo raggiunto. È questo che differenzia le rappresentazioni papali da quelle cardinalizie. Non c’è uno stereotipo rappresentativo, tutt’al più un modello (quello raffaellesco), declinato in modo sempre diverso, a seconda dell’estro del ritrattista e delle influenze artistiche del periodo.
Il percorso segue dunque un andamento cronologico, che parte dai volti di profilo dei primi del XVI secolo per arrivare agli intensi ritratti fotografici di Marco Delogu, sul finire del secolo scorso. Cartellini sintetici ma efficaci tratteggiano in poche righe la storia dell’effigiato, presentando il personaggio. Riconosciamo così l’Alessandro Farnese (futuro Papa Paolo III) di Raffaello, ritratto a figura intera e recante nella mano destra una missiva, simbolo della predicazione ed evangelizzazione apostolica. Alle sue spalle una finestra si apre sul paesaggio, espediente che illumina tutto l’interno e che ricorrerà in numerose composizioni successive. I cardinali effigiati da Scipione Pulzone e Ottavio Leoni creano un rimando di sguardi che coinvolge in pieno lo spettatore, quasi fosse scrutato dagli occhi vigili dei porporati cinquecenteschi.
Procedendo verso il Barocco i merletti si fanno più leziosi, i bianchi più pastosi. La tenda, anch’essa porpora nella maggior parte dei casi, diventa una vera e propria quinta scenografica che inquadra la scena, mentre il Busto del cardinale Scipione Borghese del Bernini diviene modello indiscusso per i ritratti scultorei di tutto il XVII e XVIII secolo.
Da una rappresentazione ufficiale e celebrativa si passa ad uno studio costante delle implicazioni psicologiche, con sguardi penetranti e gestualità p
Interessante e originale il dipinto di Pier Leone Ghezzi, che racconta il rifiuto della carica cardinalizia di Gabriele Filippucci, ponendo sul tavolo berretta e stemma e rappresentando l’ecclesiastico solo con il crocifisso. È spontaneo il Cardinale Gian Giacomo Millo di Gaspare Traversi, mentre si toglie il copricapo quasi come fosse un saluto, più austero il Cardinale Francisco Xaverio de Zelada di Anton Raphael Mengs. Sia Domenico Corvi che Silvio Consadori privilegiano invece la libreria come ambientazione del ritratto, emblema della cultura ma anche della dedizione dei soggetti alle Sacre Scritture.
Tra il XIX e il XX secolo anche le rappresentazioni religiose subiscono la suggestione dei fermenti avanguardistici. Così il ritratto del Cardinal Decano di Scipione (Gino Bonichi) si trasforma in uno scenario simbolista, incorniciato dal colonnato di San Pietro sullo sfondo, mentre i Cardinali in bronzo di Giacomo Manzù sono figure stilizzate oramai prive di identità e riconoscibilità. Chiude la mostra la serie di ritratti fotografici di Marco Delogu, tra cui si distingue il volto dell’ancora cardinale Joseph Ratzinger. In un puzzle di foto in bianco e nero ritroviamo i più alti esponenti del clero secolare odierno, logica conclusione di un percorso storico, religioso e artistico insieme.
alessandra troncone
mostra visitata il 6 dicembre 2006
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