Le due file parallele di fotografie -lassù- sulle pareti immacolate della Galleria Valentina Moncada nascono da un’idea di Enzo Cucchi (1949, vive tra Ancona e Roma), che per l’occasione si cimenta nel ruolo di curatore della mostra Mario Giacomelli. Cose mai viste e del libro edito da Photology.
La narrazione è discontinua, non segue un ordine cronologico, né tanto meno tematico. Forse per questo è ancora più stimolante. Una continua sorpresa per chi guarda: la stessa che devono aver provato sia gli eredi di Mario Giacomelli (1925-2000) scoprendo in una soffitta centinaia di fotografie inedite, sia Cucchi chiamato a metter mano alla selezione.
Come tracce disordinate di un percorso straordinario -quale è stato quello del fotografo marchigiano che acquistò la sua prima macchina fotografica (una Comet Bencini) nel 1953 e a lei rimase fedele per tutta la sua vita- spuntano fuori, qua e là, ora i celebri “pretini”, fotografati nel 1961 tra le mura del Seminario Vescovile di Senigallia, ora i vecchi dell’ospizio. Ora dettagli di corpi femminili, ora bambini sull’altalena.
Per questa mostra romana (nel luglio scorso ne era stato scelto un altro nucleo per l’esibizione di Palazzo del Duca a Senigallia e altre ancora gireranno in Italia e all’estero) solo una settantina di fotografie -delle oltre novanta scelte- sono state esposte. Tutte le immagini –stampe alla gelatina ai sali d’argento- sono state realizzate in un arco di tempo di trent’anni, dal 1960 al 1990, in quel bianco e nero così contrastato che caratterizza lo stile di Giacomelli. Il formato è il classico 30×40.
Sempre guardando dal basso verso l’alto lo spettatore, spicca il gusto dell’autore per la sperimentazione, soprattutto là dove si diverte a giocare con la doppia esposizione, ottenendo immagini evanescenti al limite di un mondo onirico. Come quel gatto all’orizzonte che domina il paesaggio ondulato di solchi, o la coppia con il cane e il campo di grano.
L’attenzione al pattern ripetuto -solo apparentemente casuale, perché prelevato direttamente in natura: dalla terra con i suoi campi coltivati o dagli alberi- rientra nello sguardo pittorico, e costantemente poetico, dell’autore. “Riscrivere le cose cambiando il segno, la conoscenza abituale dell’oggetto, dare alla fotografia una pulsazione emozionale tutta nuova”, scriveva Giacomelli nel suo manifesto. “Il linguaggio diventa traccia, necessità, spirito dove la forma si sprigiona non dall’esterno, ma dall’interno di un processo creativo. ”
Anche gli autoritratti sono affascinati. In una foto in particolare il volto del “sublime dilettante” -come Giacomelli amava definirsi- evoca l’immagine di uno spettro, in un’altra quella di un burattino che si rotola a terra.
Nel libro sono pubblicati anche dei disegni appositamente realizzati da Cucchi, ispirati al lavoro del conterraneo: non è solo la condivisione di confini natali ad essere il trait d’union tra i due personaggi, tra loro c’è stata anche una reciproca stima e un’amicizia autentica.
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ma come è possibile che una galleria abbia un simile orario e che sia poi chiusa sia il sabato e la domenica?
allora ditecelo che non volete che la si veda....
D
Sono d'accordo... Si tratta di orari impossibili per chi lavora...per di più essendo chiusa anche il sabato... e poi non c'è lavoro per chi si interessa d'arte...
Gli orari della galleria sono impossibili quanto di alto livello le opere esposte negli ultimi 5 anni..forse sarebbe il caso di valutare l'opportunità di utilizzare incentivi, finanziamenti privati..per tenerla aperta a un pubblico che lavora dalle 12 alle 18 dei giornoi feriali!
Daniela G.
Non importa dell'orario , se ti interessa veramente trovi il modo di andarci. Per fortuna che a Roma ci sono anche questi spazi espositivi. Penso che la fotografia e l'arte in genere vada anche cercata.