Il fulcro della ricerca artistica di Alberto Garutti (Galbiate, Como, 1948) sta nel tentativo di riconciliare l’arte con la società. Quasi tutti i suoi progetti -tappe di una carriera ormai trentennale- traggono linfa e ispirazione dall’incontro dell’artista con il territorio e il tessuto sociale, dando vita a complessi mix di architettura, design e installazione. Gli oggetti e gli ambienti creati da Garutti non sono però altro che la sedimentazione di un lungo processo di ricerca e incontro con il contesto, frutto di conversazioni, indagini, documentazioni.
In un momento in cui generi come l’arte pubblica e ambientale riscuotono un indiscusso successo -prova forse di una disperata necessità di rivitalizzare l’atto artistico tramite l’innesto con le energie vive della società- l’opera di Garutti (docente all’Accademia di Brera) rappresenta per molti giovani un autentico modello.
La nuova mostra romana -ultimo appuntamento in ordine di tempo del ciclo espositivo Altre voci, altre Stanze curato da Cloe Piccoli- è ancora una volta un progetto site specific, che ha coinvolto la storia, la struttura architettonica e anche gli abitanti del palazzo di Via dei Prefetti. L’artista lombardo ha scelto l’acqua come elemento attivante, riportando a nuova vita la piccola fontana ormai spenta del cortile della galleria; fonte alla quale, secondo la leggenda, la mitologica lupa capitolina si abbeverava.
Con l’aiuto dei residenti, ha poi ricostruito fedelmente una mappa assonometrica delle tubature, che irradiano, come arterie, il corpo vivo della costruzione. Le tubature sono anche protagoniste dell’installazione principale, dove affiorano dal pavimento e dalle pareti delle stanze, all’interno di una traccia scavata che conduce alla fontana. Completano l’opera dei grandi contenitori di vetro, metà cisterne e metà acquari, che invadono, con prepotenza scultorea, l’ultima stanza della galleria.
Ancora una volta Garutti mette in scena le energie pulsanti, di cui si nutre la sua arte, tramite oggetti e contesti di indubbia suggestione. Coniugando forma e contenuto in un equilibrio che raramente si spezza, che aggira la retorica, ma sa anche raffreddare un’attitudine lirica –comunque presente- filtrandola attraverso una mente allenata al ragionamento critico.
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