Che i matrimoni siano difficili da tenere in piedi è un dato di fatto. Ma, come sempre, ci sono le solite eccezioni che confermano le regole. Il duo Mendini/Munari è una relazione dov’è stato trovato l’esatto equilibrio.
Forse il segreto è la poligamia, l’harem che
Cleto Munari ha costruito intorno alla sua “bottega”, un paddock con purosangue come
Gae Aulenti,
Mario Botta,
Ettore Sottsass,
Richard Meier,
Enzo Cucchi e
Mimmo Paladino, per citare “solo” alcuni nomi e chiarire la portata del laboratorio, fondato nel 1985.
Un harem senza la prediletta, senza la concubina preferita. Così, il solido connubio di Munari con
Alessandro Mendini (Milano, 1931) si protrae ormai da diversi anni e con toni sempre alti. Una collaborazione fra titani: Mendini in qualità di radicale rinnovatore del design e dell’arredamento, in cui ha introdotto il contrastante elemento del colore; Munari, nonostante abbia intrapreso la strada del design a un’età per molti considerata pensionabile, è colui che ha ripensato il design domestico, nel quale ha fuso glamour e funzionalità. I due sono poi accomunati da una certa predilezione per le cromie decise e forti, e dal brillante assemblaggio di forme geometriche, da una fantasia lasciata a briglie sciolte e da una piena libertà creativa.
Il matrimonio fra i due globe-trotter è ben saldo proprio perché si fonda su una profonda sintonia d’intenti e su una “ricetta” che non ha ingredienti segreti, ma è basata sulla scelta oculata dei materiali, della lavorazione, della tipologia, dei colori e della combinazione. E se le parole chiave del laboratorio di Munari sono
bere,
arredare,
mangiare,
comunicare,
vestire,
misurare – ciascuna delle quali, alla fine, coinvolge e stimola sensi ed emozioni – con i lavori esposti Mendini dimostra di saperle interpretare puntualmente.
Una marcata linea di contorno e colori vibranti sono la sigla di questi “oggetti” d’arredamento, realizzati tassativamente in serie limitata (esclusi i tappeti) e con titoli ispirati alla West Coast.
San Francisco è una libreria pensata anche come parete divisoria ed evoca lo skiline della città californiana. Il monolitico cilindro
Los Angeles è un contenitore bar che, con le ante aperte, acquista una certa leggerezza. Gambe sinuose e un ripiano in cristallo, dove l’artista ha tracciato parole e disegni, caratterizzano il tavolo
Golden Gate.
Venice è un trumeau con una morbida silhouette che ricorda le onde del mare.
Un’eco delle linee raffinate dei mobili si rintraccia negli anelli, mentre fanno da cornice i tappeti di grandi dimensioni, dove sembrano “riflettersi” le sagome dei pezzi d’arredamento. Del resto, Mendini pensa i suoi progetti come a un enorme puzzle. Sempre in divenire.