La personale di Michelangelo Pistoletto (Biella, 1933) alla Galleria Oredaria è la spia di un trend più ampio, che vede Roma divisa tra il brand new e l’indagine retrospettiva, mettendo a segno una serie di appuntamenti dedicati a storici protagonisti del contemporaneo. Tra questi, un Pistoletto in versione sixties, per quanto attuale: Azione Comunic-azione –questo il titolo della mostra– che evoca la regina incontrastata delle cronache moderne, quasi che la realtà mediatica fosse definitivamente subentrata all’immaginario simulacrale dell’arte. Non a caso, l’autore propone trenta quadri specchianti con serigrafie di “mani in azione”, recuperando modi tipici degli esordi, con una differenza: non più silhouette antropomorfe, ma gesti didascalici, che alludono alle dinamiche simbolico-allusive sottese al linguaggio pubblicitario. Eloquente, in tal senso, Chiavi in mano che associa il codice verbale a quello visivo, svelando l’appeal irresistibile del cocktail sinestetico. OK esprime, a sua volta, l’icasticità di una segnaletica gestuale democratizzata nella cifra universale del passe-par-tout linguistico. Ipso facto: azione-comunicazione, medium-messaggio.
L’apparente banalità , il look fotografico, l’immagine reificata celano, in realtà , una critica sottile all’orizzonte estetico contemporaneo, vincolato ad un sistema di segni tanto elementare, quanto ineffabile. Lo specchio mostra, perciò, la trappola omologante, che tenta di ridurre ad unum la complessità del reale. La teoria di gesti scanditi sui pilastri della galleria veicola messaggi standardizzati, privi di autentico spessore comunicativo. In antitesi alla globalizzazione, Pistoletto difende la
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che carnaio.... questa mostra!