“Trovo che la fotografia, come d’altronde il video, sia tra i media quella che meglio rappresenta la contemporaneità. La sento molto più vicina a noi, perché più diretta ed esplicita”. Così Patrizia Sandretto Re Rebaudengo chiarisce il ruolo che la foto ricopre all’interno della sua collezione.
Continua dunque l’indagine sul collezionismo italiano dell’Accademia Americana, iniziata nel 2004 con Roma Colleziona, e rappresentata questa volta da un piccolo gruppo di scatti che, oltre a rivelare l’iter di costituzione del corpus artistico firmato Sandretto, vuole offrire una panoramica, per quanto possibile esaustiva, sull’uso della fotografia tra gli artisti statunitensi. Contemporaneamente, come gli stessi curatori Ludovico Pratesi e Shara Wasserman sottolineano, si intende tracciare un quadro dei possibili soggetti: ritratti, spaccati di quotidianità, interni domestici. Alcune di queste fotografie fanno ormai parte dell’immaginario collettivo e sono già divenute icone di certi epoche irrequiete e di interi stili di vita. Così le due ampie sale dell’Accademia sembrano invitare ad un gioco di rimandi da un’immagine all’altra.
Una lasciva Cindy Sherman dall’aspetto clownesco, sembra fare l’occhiolino al noto fondoschiena di Joey immortalato da Nan Goldin, un’artista che con le sue fotografie ha testimoniato lo spaccato meno luccicante della Grande Mela, mostrandolo attraverso il proprio vissuto, spesso particolarmente drammatico. Allo stesso modo, per raccontare storie personali, Anna Gaskell ricostruisce teatralmente episodi della proprio passato, come fossero dei flashback.
La lotta tra il bene e il male di Cremaster 5, con il simbolico travestimento di Matthew Barney, sembra trovare un adeguato contraltare in Ron Athey di Catherine Opie. Gli inconfondibili slogan di Barbara Kruger sembrano invece ottenere un supporto grafico in Larry Johnson.
Gli statici interni kitsch di Julie Becker si giovano del movimento di quelli firmati Kelly Nipper. Il glamour profondamente femminile di Richard Prince viene invece totalmente annullato negli spietati e freddi ritratti di Sharon Lockhart.
Sherrie Levine, con le sue esplicite citazioni di grande fotografi americani del passato, sembra essere lì apposta per offrire un senso di continuità storica. La stessa che si può rintracciare nelle immagini di Louise Lawler e Dan Graham.
La collezione Sandretto si è sviluppata da subito, a partire dagli anni Novanta, intorno a nuclei tematici ben delineati -formando come delle microcollezioni- e si è dimostrata particolarmente attenta ai lavori dei giovani artisti. E’ per queste sue caratteristiche che riesce oggi ad offrire una puntuale testimonianza dell’evoluzione dell’arte contemporanea e, in questo caso, di quella statunitense, filtrata attraverso l’immediatezza del linguaggio fotografico.
daniela trincia
mostra visitata il 28 ottobre 2005
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