Accade, talvolta, che un frammento riesca a evocare immediatamente un storia più grande, persino del racconto di cui era strettamente parte. Così un lacerto di decorazione musiva, trovato sotto il rivestimento di un pilastro nel presbiterio della basilica di San Marco a Venezia, di questa mostra dice già molto, se non quasi tutto. Ci sono quattro donne in atteggiamento dolente (è probabile che il frammento sia parte di una deposizione), il fondo è d’oro, quel che resta della cornice rivela un motivo di gusto bizantino. C’è la spontaneità straziante dei gesti e c’è la decorazione scintillante, l’orizzonte aureo, ultraterreno.
Al di là dei problemi specifici di datazione (ipotizzata tra il XI e il XII sec) e di effettiva ubicazione, quello che racconta il frammento è una storia fatta di reciproca fascinazione e di diametrali distanze, come è il percorso parallelo di Oriente e Occidente, di Italia e Russia, in questo caso. Percorso che in più di un tratto -e con modalità talvolta molto complesse da dipanare- s’intreccia.
Tema arduo d’affrontare in una mostra, vuoi per l’implicita difficoltà di molte questioni ancora aperte, vuoi per il rischio di cadere dalla semplificazione alla banalizzazione, vuoi per il mastodontico arco cronologico scelto: Da Giotto a Malevic, appunto. All inclusive, in pratica. Bilancio tutto sommato positivo: l’impianto è solido, magari un po’ divulgativo, ma senza cadere nel pedante; la scelta delle opere riscatta ampiamente. E, soprattutto, alla fine del percorso non ci sono né vincitori né vinti.
Esordio sotto il segno di Bisanzio, ma già incalza il naturalismo: ce n’è una traccia esilissima nell’Angelo dai capelli d’oro che arriva da Novogorod, ce n’è una premessa nelle scenette laterali della tavola attribuita alla cerchia di Coppo di Marcovaldo, ce ne sono chiare conferme nelle due tavole attribuite a Giotto. Poi le strade si dividono: in Italia è pieno Rinascimento, la Russia scintilla di icone preziose, dipinte con una tecnica millenaria tra Rostov, Mosca, Novogorod. E qualche confronto incrociato è rivelatore: basta guardare il disegno sottile, nervoso di Sandro Botticelli (La calunnia d’Apelle) e il panneggio a lumeggiature aguzze della quasi coeva Crocifissione di Dionisij. Per il grande incontro
Peccato per la sezione dedicata al contemporaneo, cui spetta una sola sala: ed è proprio dove i legami si fanno più stretti, dai rapporti tra Futuristi nostrani e Cubofuturisti russi, a quelli tra gli Italien de Paris e l’esule Chagall. Di Kazimir Malevic, una composizione datata 1915: colori accesi, rigoroso incastro di forme geometriche. È l’ascesi che mutatis mutandis rifà capolino.
mariacristina bastante
mostra vista il 9 ottobre 2004
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bello, mi è proprio piaciuto
La bellezza ed il fascino della mostra sono riposti esclusivamente sulla qualità delle opere e sulla possibilità di vederne alcune che difficilmente vengono prestate dai musei (vedi botticelli), altrimenti il confronto artistico tra i due paesi risulta una mera forzatura e una grande ristrizione.
quando ho visto quest'esposizione, ho scoperto Vrubel...ed è diventato il mio artista preferito. Trovarsi davanti al Demone Seduto è stato eccezionale...ha la capacità di avvolgere totalmente l'osservatore...e catapultarlo nel profondo dell'animo dell'artista.