Di fronte ad una mostra di architettura ci si chiede sempre in che modo essa interagisca con la contemporaneità. L’aspettativa è alta perché la nostra vita si svolge proprio in essa, il nostro corpo si confronta continuamente con i volumi che occupano gli spazi urbani e non. Ma è ancora più interessante quando si possono analizzare i progetti e le idee di un architetto così importante, e centrale per il secolo appena passato, come Adolf Loos (1870-1933).
La mostra di Roma è una delle più ampie e articolate mai organizzate in Italia, e contribuisce a rendere attuale un personaggio che forse è stato uno dei più inattuali nella sua epoca. Un allestimento che si dipana in sette sezioni dislocate su due piani rende visibile il percorso, in tutte le sue tappe, che ha reso Loos un architetto con cui non si possono non fare i conti. Per la sua forte vena provocatoria, irriverente quanto basta, e per la sua idea di architettura, che si è scontrata con le concezioni che circolavano nella Vienna d’inizio secolo. I suoi studi li svolse presso il Politecnico di Dresda, dov’era nato, ma ciò che lo rese un innovatore nel suo campo fu un fondamentale viaggio-studio negli Stati Uniti fatto nel 1893 e lungo tre anni. Loos ne rimase molto segnato, sia intellettualmente che professionalmente. Quando rientrò in Europa scelse Vienna come campo d’azione. La sua verve e la sua diversa formazione culturale lo resero una delle voci più critiche, ascoltate e contrastate negli ambienti artistico-culturali del tempo.
Ma quale Vienna trovò Loos in quello scorcio di diciannovesimo secolo? Era una città che si avviava verso il suo esaurimento e che Loos avver
Ornamento e delitto è infatti il titolo di un suo celeberrimo scritto, in cui si scagliava contro la cultura della Vienna secessionista. Lì veniva messo in discussione, con durezza e caparbietà, il processo compositivo stesso dell’intero edificio, concettuale e metodologico, del pensiero secessionista. Loos, che aveva vissuto negli spazi urbani delle metropoli statunitensi, portava in Europa un’altra cultura, una cultura nuova che investiva tutti i campi, compresa l’architettura. Tuttavia non si dimentica della Storia, dell’antichità e della sua autorità, e la presentazione, nella prima parte della mostra, di tre plastici di progetti, mai realizzati, come la sede del Chicago Tribune, il Municipio di Città del Messico e il Grand Hotel Babylon di Nizza, tutti datati agli inizi degli anni Venti, dimostrano quanto sia debitore della tradizione.
Nella Storia Loos cerca modelli architettonici, torri e piramidi, ma per ricontestualizzarli, immaginando nuovi scopi e nuove funzioni per gli edifici che progetta. Il suo rapporto con il Classico è intriso di Modernismo e la sua lettura non è ideologica, come invece sarebbe accaduto, anni dopo, a tanta architettura di regime. Con queste istanze teoriche, Vienna veniva smascherata brutalmente da un’incessante denuncia, mentre si nascondeva disperatamente nei propri valori, in ordini che mostravano crepe da ogni parte.
Le tipologie delle opere di Loos sono svariate: un certo numero di progetti, 35 per la precisione, di cui 30 realizzati, sono locali commerciali, uffici e locali pubblici. Sono presenti anche sette progetti che presentano anche le sue proposte a livello urbanistico realizzate per concorsi indetti dalla municipalità di Vienna. Importanti sono anche i modelli e i progetti originali che non sono stati realizzati, presenti in mostra, o l’esposizione dell’oggettistica che va dai mobili per abitazioni private e agli arredi per gli esercizi pubblici. In un mondo come quello che si sviluppa, con le caratteristiche architettoniche che tutti i giorni vediamo, vi è purtroppo un’architettura priva della memoria di quella grande lezione, che Loos ha lasciato a noi moderni, contro la scultoreità e il decorativismo, oggi dilagante fino alla stucchevolezza.
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