Alberto Mattia Martini, curatore di questa personale, in catalogo ha scritto che ogni lavoro è sintomo di un nuovo approccio, un legame diverso dell’uomo messo in rapporto con la realtà circostante: “
È giunto il momento, e sempre più lo diverrà, di un approccio non dualistico, ma armonico ed intimamente ibrido tra uomo, cultura e tecnologia”, sostiene il critico. “
L’artista, grazie alla sua sensibile vertigine estetica, ci pone dinnanzi al dato di fatto di un mondo nel quale stiamo assistendo ad una radicale mutazione relazionale dell’uomo con le realtà e dell’inevitabile nascita di una nuova civiltà”.
In questo passo si descrive, seguendo un breve volo concettuale,
Body Confusion, l’ultima personale di
David Reimondo (Genova, 1972; vive a Londra). Ormai noto per la tavolozza rovente delle sue bruciature, l’artista ripropone vistosi
tableau du pain. Appese alle pareti emergono quindi fette di pane incasellate, a ricomporre la saga di oggetti che esaltano, demistificano, irridono, dissuadono, rimproverano e sbeffeggiano il reale. Vedrete dunque il marchio nero sulla materia. Segno lineare impresso a caldo, a fuoco, su fette di pane, assemblate poi a mosaico con ampie fughe tra segmento e segmento, e poi incapsulate in blocchi di resina trasparente.
Questo tipo di linguaggio compositivo di tipo epossidico, cioè resistente, ambrato e trasparente, produce dei bassorilievi che, è proprio il caso di dirlo, emanano un sapore retrò-déco dal chiaro intento sarcastico. Sebbene il pane sia da sempre, anche in periodo di recessione, simbolo, tramite e metafora di sopravvivenza del corpo, le forme vignettistiche segnate da Reimondo traballano, lasciano traccia dei loro possibili movimenti e indicano alcuni punti di vista supportati dalla ricerca di tridimensionalità. Ogni bassorilievo prova infine a provocare, se questo è stato l’intento
ab originis, una dissuadente
Body Confusion degli oggetti rappresentati. Senza però far dono di un vettore astratto, una direzione più confusa insomma, al moto che ogni forma esprime.
Ogni lavoro, che trasforma e arrotonda di poco la linea estetica dell’artista, ricalca in maniera non del tutto inedita alcuni passaggi di poetica del Nouveau Réalisme (si pensi a
Spoerri e ad
Arman). Sebbene queste citazioni non attingano direttamente al movimento francese, questa personale romana pesca a piene mani da un serbatoio narrativo ampio, anche se ricco di spunti poetici. Quelli di Reimondo, però, sono sguardi in bianco e nero che marchiano su acqua e farina: impronte digitali, macchine sportive, cuori che battono, spermatozoi che assaltano cellule uovo, mondi segmentati, mouse per computer e ipotetici
magma decorativi.
Da notare come l’artista stia invocando una sorta di cambiamento. L’impressione scura del suo segno, infatti, rovente e statico, si sta distaccando. Alleggerito, provoca nei confini degli oggetti ritratti una sorta di primo distacco della materia. Fuori dalla pesantezza ostinata della realtà.
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