Una fioca luce illumina gli spazi – non più riconoscibili – del Lazzaretto di Cagliari, solitamente attraversati dal sole. Luci basse e attentamente direzionate rivelano esseri antropomorfi, alcuni zoomorfi, altri le due cose insieme. Sono i Totem di pane: giganti di farina, acqua e sale che emergono prepotentemente dal buio e che, custodi della mostra, raccontano cosa è possibile fare con la pasta di pane. Dispensatori di un’arte antichissima, si esprimono attraverso una lingua millenaria, fatta di tradizioni, credenze popolari e superstizioni; una lingua comune a quella degli altri pani figurali che sfilano, in un bizzarro corteo, dentro teche di vetro dichiarando provenienza e virtù. Diavoli fantastici, bambini malati di varicella, galli biscotto, uomini-serpente, donne a sette gambe o a tre seni. Non semplici capricci lievitati e cotti al forno, bensì strumenti di valore taumaturgico, per sollecitare fertilità, per curare malattie o semplicemente per richiamare la buona sorte.
Sono in tutto quattrocento i pani figurali oggi visibili, in anteprima italiana, negli spazi del Centro d’arte e cultura il Lazzaretto . Quattrocento pezzi che provengono da tutta Europa, isole comprese e che l’etnologa
Alle genti slave appartiene lo spettacolare cervo in forma d’albero al quale si riconoscono poteri legati alla fecondità, alla fertilità del bestiame e dei campi. Seguono i dolci e i pani della primavera, della morte e dell’amore. Gli ironici Seni di suora, della spagnola festa di S. Agata, i dolci fallici della Francia meridionale e ancora, i pani all’uovo degli antichi riti agrari della Grecia, fino a quel monumento nuziale proveniente dalla Repubblica Ceca, in forma di cono, costituito da tanti figurini quanti sono gli invitati.
Il pane quindi come materia da lavorare, ma anche universo di simboli legati alla tradizione contadina, ai solstizi, o ancora al mondo della caccia, come dimostrano i cervi di pane o le altre rappresentazioni di animali selvatici, utili, attraverso riti propiziatori, a favorire la cacciagione oppure da mangiare per acquisire forza e virilità.
A Picasso sarebbero piaciuti tantissimo questi esserini di pane, questo bestiario di farine lievitate, che sa di capitelli medievali, di oreficeria scitica, di forme semplici che appartengono ad un tempo senza tempo.
L’allestimento Uomini di pane proveniente dal Parc de la Villette di Parigi, è seguito da un’ulteriore mostra che offre l’opportunità a sei artisti contemporanei [Mariano Corda, Anna Deplano, Francesco Farci e Cristina Fadda, Maria Lai, Marco Pili, Antonio Porcu] di utilizzare il pane come mezzo espressivo, dando origini ad altrettante installazioni che parlano dei loro ricordi, dei loro sogni, del colore, e della tradizione mediterranea.
andrea delle case
Dalla prima tappa berlinese di The Clock di Christian Marclay alle installazioni immersive di Petrit Halilaj, passando per pittura contemporanea,…
Al MA*GA di Gallarate, fino al 12 aprile 2026, il racconto di come si irradia in Italia l’astratto a partire…
Dopo una lunga attesa, parte ufficialmente la direzione di Cristiana Perrella: oltre alla grande mostra UNAROMA, dedicata allo scambio intergenerazionale…
John Armleder gioca con l'eterna ambiguità tra opera e merce, per proporre una concezione allargata dell’arte. E la mostra al…
In un’epoca che sottrae presenza alle cose, il grande fotografo Martin Parr ha lasciato un’eredità che appartiene a tutti: la…
Fiere, aste, collezionisti, maxi aggiudicazioni. Un racconto per frame, per picchi, per schianti, più o meno approfonditi e intrecciati tra loro,…