Rigore tecnico e sapienza artigianale sono i fondamenti primari dei lavori di Piero Zedde e Wanda Nazzari, presentati in occasione della quarta edizione della rassegna Cagliari per l’arte in Sardegna. Un incontro rivelatosi davvero interessante, ricco di rimandi simbolici e denso di significati emotivi. Caratterizzata da due percorsi espositivi sostanzialmente differenti, la mostra mette in luce due aspetti cari ad entrambi: l’importanza del colore e il valore dell’incisione. Determinante nella caratterizzazione delle opere in mostra l’allestimento. La distribuzione dei pannelli nella sala conferisce allo spazio circostante un’atmosfera carica di tensione emotiva.
All’ingresso della sala, la serie dei telai di Piero Zedde è dominata da colori cupi e densi, dove il nero e il grigio si stemperano nelle diverse tonalità, mentre nello spazio, geometricamente diviso in riquadri, campeggiano figure incise nella lamiera, volatili fluttuanti simili a rondini. Nella precisa definizione delle campiture e la suddivisione degli spazi, dove la ricerca della tridimensionalità è costante, si riconosce il rigore della progettazione tessile e l’importanza del disegno. Non meno importante il valore grafico del segno, costruttore di forme di vita simboliche che affondano le radici nel repertorio dell’antica iconografia sarda. Nell’osservare la precisione ed il lavoro certosino con cui sono state realizzate tali opere, non si può evitare di pensare all’estrema cura nella lavorazione del tessuto propria dell’artigiano, del tessitore.
Se la parte iniziale dell’esposizione concede ampio respiro a tonalità scure e corpose, la seconda è dominata dal colore viola e, in modo particolare nelle ultime opere, dal rosso, elementi chiave del linguaggio pittorico di Wanda Nazzari. Quello della Nazzari è un percorso spirituale, una ricerca interiore sofferta che porta alla lacerazione, ma che lascia trapelare una luce di speranza. In questo senso, nelle sue opere, la distruzione non ha mai il sopravvento: l’essere vitale muore e risorge. Così ritornano i Frammenti incisi nel 1995, forme simili ad ali che alludono già al concetto di volo trattenuto. Ritornano le pittosculture, come le definiva Salvatore Naitza, veri e propri studi sull’incisività della luce. Ritorna il nido, dimensione ideale che richiama l’infanzia sofferta, rifugio sicuro di protezione ma anche di preparazione verso il mondo esterno. Partendo da Catarsi, si articolano le tre tavole lignee intitolate Di rosso e di viola nate nel 2003, frammenti lacerati da un lungo travaglio interiore, nel quale l’elemento vitale sopravvissuto alla catastrofe, s’insinua e vorrebbe prendere vita nella distruzione stessa. Nel terzo elemento della serie il colore rosso che esplode dalla tela, rivela come l’essere prima trattenuto, riesce finalmente a volare via.
erica olmetto
vista il 18 dicembre 2003
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