Nella personale dell’autodidatta pittore sardo Angelo Cingolani (quindici opere di grande e medio formato, tempera su carta da spolvero) si riconoscono immediatamente due periodi differenti della ricerca dell’artista: nel primo i soggetti sono le persone, mentre nel secondo periodo l’attenzione si sposta alla rappresentazione dei mondi da esse abitati. I due tipi di opere tuttavia sono legati da un unico filo rosso: una critica aspra nei confronti dell’uomo contemporaneo, che istituisce un rapporto di prevaricazione con la natura e trascorre l’esistenza ad alienarsi silenziosamente.
La drammaticità del tema, come in L’alienazione e Mani pulite, è rinforzato dal codice espressionista usato dall’artista, che privilegia la stesura di colori pieni, senza sfumature, e che richiama le figure tetre dell’espressionismo nordico dell’inizio del Novecento. In Le invisibili camere a gas e L’oppressione metropolitana si aprono fantascientifici paesaggi metropolitani: ciminiere vomitano fumo rosso sangue; grattacieli in serie si ergono su spazi già cementificati; fiumi scorrono acqua verde putrida nel mezzo della città abitata; autostrade coprono come una ragnatela il cielo urbano, perennemente intasate di automobili, infiniti punti, enormi formicai. Nel L’orrida speculazione mondiale il pianeta Terra, visto dallo Spazio, presenta lo stesso macabro processo: risulta infatti imbrigliato dalle infinite autostrade e saturo della violenta presenza dell’essere umano.
Quella di Cingolani è un’arte di denuncia di un malessere collettivo e personale insieme: è espressione di solitudine e tragicità della condizione umana. In questo racconta il dramma dell’esistenzialismo moderno, con la dissolvenza dell’identità delle persone nei meccanismi iper razionali del progresso capitalista, che premia i forti e lascia morire i deboli. Come l’artista scrive in una sua poesia: “Dalla mia finestra guardo questo mondo spoetizzato del capitalismo inumano, adoratore del fatturato, e le città dell’Uomo, invisibili camere a gas di massa, d’un arido deserto esistenziale”.
francesca bianchi
mostra visitata il 17 settembre 2005
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