Il mito vuole che a Santa Lucia, patrona di Siracusa e protettrice della vista, fossero stati strappati gli occhi durante il martirio, prima di essere decapitata. E’ probabilmente il nome stesso della santa, derivato dal termine latino lux –luce– ad avere alimentato la macabra leggenda. Una storia popolare che evoca temi universali. Una storia che le due artiste, Marlene Dumas e Marijke van Warmerdam, hanno voluto ripercorre per questa mostra, dedicata alla città di Siracusa ed al museo Montevergini (un ex convento, un tempo abitato da monache di clausura).
La dimensione sacra genera una visione altra: uno sguardo segreto, capace di proiettare in superficie immagini, segni, flussi d’esistenza. Dal buio verso la luce, e viceversa.
La pittura di Marlene Dumas indaga storie di corpi sospesi, sconosciuti, immersi in una presenza ambigua che ha il peso della carne, la sua verità ostinata, e che pure è sfuggente, quasi rarefatta. Il sospetto – la paura o la salvezza – che ciò che vediamo e in cui crediamo non è altro che un fuorviante indizio, un dirottamento rispetto alla realtà, priva di connotazioni univoche. E ritorna il tema della vista: il buio come ultimo scorcio di verità, la cecità come non-inganno. Da queste 12 tele emergono corpi stesi come cadaveri o semplicemente addormentati, volti femminili colti in espressioni estatiche, ed è impossibile stabilire se si tratti di amplessi, sogni, agonia o visioni mistiche. Primi piani invadenti, dettagli di esistenze offerte al turbamento, le palpebre pesanti, le bocche dischiuse, i lineamenti abbandonati. Come dal silenzio di chi non può vedere, come dall’acme del piacere o della sofferenza: la prospettiva si inverte e si piega verso il fondo.
Ogni dipinto è collocato dentro a una nicchia: immagini profane che imitano le icone cristiane di una chiesa.
Interagiscono con la pittura le opere di Marijke van Warmerdam, stabilendo un dialogo intenso ma sottile, mai banale. Passage è una piccola proiezione di rettangoli bianchi e neri che avanzano, generandosi l’uno dall’altro. L’effetto è quello di un tunnel che si avvicina allo spettatore, come a volerlo inghiottire. Un ingresso ultra-dimensionale accelerato.
E così lo specchio convesso, appeso a una parete, ingloba in uno spazio alterato e distorto: un’esasperazione della presenza che inchioda alla visione di sé.
Il gioco tra concreto ed effimero si realizza con chiarezza nella scultura First drop, una nuvola di cotone bianco da cui sporge una bolla di vetro: goccia d’acqua divenuta solida che non cede alla gravità ma si fa oggetto, evocazione concettuale. L’istante in cui si origina la pioggia si converte nella consistenza di una forma, l’acqua e il vapore precipitano sulla terra, in un passaggio di stato immaginario.
La contaminazione tra opposte direzioni –verticale/orizzontale, alto/basso, terra/cielo- ricorre con insistenza, rivelandosi una della aree di contatto principali tra le ricerche delle due artiste. Nel video Met Losse Handen, Marijke racconta di una surreale passeggiata: una ripresa in soggettiva lascia intravedere il manubrio di una bicicletta mentre avanza tra sentieri di campagna. Lentamente l’occhio della telecamera si stacca da terra, sorvola prati e viali, per poi planare lieve. L’incanto è nell’illusione infantile di quel balzo. L’obiettivo puntato incontro all’oltre, centro della terra o punctum celeste. Come nei corpi di Marlene, zone di convergenza liminare tra erotismo dello sguardo e misticismo della carne.
helga marsala
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MOSTRA STUPENDA, PECCATO DURI SOLO UN MESE .
L'HO SCOPERTA X CASO.. NON NE PARLA NESSUNO.
portare la Dumas a Siracusa...sembra un sogno e il signor lacagnina lo ha reso realtà! Grazie!
verrà un giorno forse in cui tutti i più bravi artisti vorranno passare di qui!
bella ma lo spazio ha un po distrutto per la sua forza il concetto della mostra