La mostra di Carlo Di Paola, intitolata “Arte di Frontiera”, inaugurata a Palermo, nella sede dell’associazione culturale “L’altro” di Nicola Bravo, visitabile fino al 31 aprile, si presenta con un progetto -almeno nelle intenzioni programmatiche desumibili dal testo in catalogo- molto ambizioso: dare vita ad un’arte del futuro svincolata dal passato e carica di implicazioni socio-rivoluzionarie. L’artista inserito in un mondo opprimente e falsato, da politici cinici e lontani dalle effettive esigenze della gente e da media dai contenuti superficiali e pilotati, rivendica un suo ruolo e un suo spazio che immancabilmente è di confine, di frontiera. L’artista vive così in una dimensione ‘altra’, scegliendo come opzione esistenziale di fondo il nomadismo e l’apolidìa culturale. Tematiche, queste, senza dubbio molto sentite, soprattutto dalle nuove generazioni, che percepiscono sempre di più l’inadeguatezza di molti schemi e categorie sociali economiche e politiche, in realtà niente più che mere abitudini di pensiero. Le frontiere sono sempre più un fatto trascurabile, il villaggio globale è ormai una realtà concreta e al limite noiosa. Già c’è chi pensa, come Jaron Lanier, di creare dimensioni reali virtuali in cui incontrarsi e discutere, annullando le distanze e creando una percezione di ubiquitarietà, che era sempre sembrata una utopia. Ma sarà finzione? Virtualità? Il mondo è ciò che appare, ciò che percepiamo attraverso i sensi, e forse, come diceva Calderón de la Barca, è tutta solo un sogno. La tecnologia diviene lo strumento dell’innovazione e della rivoluzione delle nostre esistenze e non poteva che prestare i suoi servigi anche all’arte. Cambiano i mezzi, le possibilità espressive e l’immaginazione stessa nel momento in cui scopre nuovi percorsi, ne è condizionata, subisce nuovi stimoli, se ne appropria, li rielabora. Il risultato è l’immagine di una contemporaneità angosciata dall’evanescenza dei punti fermi di un tempo, ma nel medesimo momento euforica per aver avuto il coraggio di superare le ultime frontiere che condurranno a terre incognite, o forse a nulla. C’è chi teme che la situazione sfugga di mano.
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