Una lunga lettera, un appello a non demolire, arriva anche da Italia Nostra, all’indomani delle dichiarazioni della Direttrrice Regionale ai Beni Culturali dell’Emilia Romagna Carla De Francesco, che aveva dichiarato che alcuni monumenti dovranno per forza essere demoliti.
Italia Nostra presenterà tutte le istanze dei cittadini alle massime autorità governative affinché il patrimonio storico artistico non venga cancellato dalle ruspe impegnate a rimuovere le macerie o peggio, che non venga fatto saltare in aria. «Con il terremoto sono riapparsi in velocità subdoli e dimenticati fantasmi. Si è tornati anzitutto a far distinzione fra edilizia maggiore e di minore valore. Un argomento culturalmente superatissimo, ma determinante per legittimare e giustificare ogni azione di pulizia etnica nel campo dell’edilizia» ha dichiarato Elio Garzillo.
E ci è andato giù ancora più duro Giovanni Losavio, presidente di Italia Nostra, sezione di Modena, che ha parlato di soprintendenze che stanno facendo sopralluoghi ma senza praticità, perché di fatto trattasi di un organismo senza potere.
Un Paese sismico, che da circa 600 anni riesce benissimo a documentare la storia dei suoi terremoti, che ha visto cambiare intere aree all’indomani di alcuni sisma, economie e società, ma che è l’unico Paese industrializzato, con un consapevole rischio sismico, che ancora non si adegua, perché? «Alcune ragioni storiche e contingenti: debolezza istituzionale, prevalenza di interessi privati sul bene pubblico, ingarbugli legislativi, mancanza di lungimiranza politica e amministrativa, non conoscenza del problema da parte della popolazione, sottovalutazione degli impatti futuri» sono le parole della sismologa Emanuela Guidoboni. Pier Luigi Cervellati, Architetto e membro di Italia Nostra ha parlato di una questione inaccettabile l’abbattimento di una monumentalità “minore” che invece, come spesso abbiamo sottolineato, è identitaria e aggregativa. «La ricostruzione sbandierata a L’Aquila, attraverso le new-town, ha distrutto completamente la città. Oggi L’Aquila è completamente smembrata nella parte storica. E ora come si reagisce a questo terremoto? Ingegneri e tecnici che hanno lavorato ai consolidamenti dopo il terremoto di circa 10 anni fa nella zona di Reggio Emilia non sono nemmeno stati consultati, professionisti che conoscono nel dettaglio gli edifici compromessi. Se si continua ad agire in modo non coordinato, si arriverà allo spostamento della popolazione, lo svuotamento dei centri storici e l’annientamento identitario che produce non luoghi» sono le parole di Cervellati. E anche Elio Garzillo ricorda il post-terremoto di Reggio Emilia, nel 1986 :«Con il Ministero Beni Culturali e Soprintendenza, siamo intervenuti 48 ore dopo con interventi, con fasciature, incantenature, incollature, e sottolineo “mai puntellature”. Sempre in situazioni in cui i danni erano stati notevolissimi. Le persone erano state evacuate, siamo intervenuti subito operando in sicurezza. Con importi irrisori abbiamo messo in sicurezza in pochi giorni e abbiamo firmato l’agibilità dei monumenti e delle case circostanti». Losavio parla ancora di una mancata tutela, in questi giorni di crisi, ai Beni del territorio, con la volontà di “colpire” le popolazioni, già deboli e provate, con l’idea che le demolizioni siano la strada migliore da percorrere: «Gli interventi in situazione di emergenza, previsti dal Codice di Beni Culturali, non ci sono stati. L’unica voce che si è levata e sentita è quella della Direzione Regionale che non ha competenze di merito, perché è un ordine amministrativo-burocratico».
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Il recupero del patrimonio storico è possibile sia dal punto di vista delle capacità tecniche e filologiche ma anche per lo stimolo positivo e costruttivo delle popolazioni emiliane che possono vedere in questo obbiettivo la rinascita civile ed economica dei loro comuni. Oggi ci sono tutti i mezzi per ricostruire con metodo e oltretutto dare un vero lavoro alle giovani generazioni accompagnate dall'esperienza dei più vecchi. Ogni cento case ricostruite un monumento restaurato.