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Bologna Art Week/11. Il contemporaneo di Banca Bologna. Dal tempo di Erin Shirreff ai cieli di Elia Cantori

di - 3 Febbraio 2018
Imperdibile la prima personale in Italia di Erin Shirreff inaugurata il 2 febbraio, nel Salone Banca di Bologna di Palazzo De’ Toschi. Composta interamente da opere inedite e realizzate per l’occasione, la mostra di Shirreff (Kelowna, Canada, 1975, vive e lavora a New York), promette una simbolica indagine sul tempo e sulle sue possibilità di manipolazione: come si misura, come lo percepiamo, come il mezzo può alterarne lo scorrere. A questi interrogativi, la Shirreff cerca di dare forse non una risposta univoca quanto una direzione d’analisi, ponendosi – nella prospettiva del curatore – come un narratore platonico che svela le ombre della caverna.
Divisa in due parti, la proiezione di un video e una serie di sculture, l’esposizione offre al pubblico italiano l’opportunità di apprezzare per la prima volta su larga scala il lavoro di un’artista che, a poco più di quarant’anni, è già entrata a far parte delle collezioni permanenti di istituzioni internazionali come il Centre Georges Pompidou, il Metropolitan Museum of Art di New York e il Guggenheim Museum. A cura di Simone Menegoi, è tra i dieci eventi selezionati per il programma culturale di ART CITY Bologna 2018, l’iniziativa promossa dal Comune di Bologna e da BolognaFiere che affianca ad ArteFiera progetti curatoriali di alto profilo.
In coincidenza con l’apertura della mostra di Erin Shirreff sarà presentato il catalogo Peter Buggenhout. No Shades in Paradise (Buchhandlung Walther König, 2017) realizzato in occasione della personale di Peter Buggenhout presso il Neues Museum di Norimberga, pubblicato con il contributo della Banca di Bologna e che documenta le esposizioni recenti dell’artista, fra cui The Blind Leading The Blind, la sua personale a Palazzo De’ Toschi del febbraio 2017.
Contemporaneamente, Banca di Bologna con Simone Menegoi inaugurano la personale di Elia Cantori (Ancona, 1984) ospitandola presso la Direzione Generale in Piazza Galvani, 4. La personale presenta alcune sculture in alluminio della serie Untitled (1:1 Map) (2016) e al piano terra, alcuni nuovi fotogrammi della serie Dead Constellation iniziata nel 2011. Apprezzabile e attualissima operazione concettuale su carta fotografica, le immagini di Dead Constellation, sono visibili dalla vetrina che da sulla piazza in cui campeggia la statua di Luigi Galvani, noto per i suoi esperimenti sulle rane a cui cercava di ridare vita attraverso la stimolazione elettrica. Anche queste immagini sono in apparenza fotografie del cielo stellato, ossia di qualcosa di morto che però risorge attraverso l’azione umana. Queste sono, infatti, rayografie cioè impressioni dirette di una manciata di polvere di meteorite disposta sulla carta fotografica. Esposta alla luce, la carta si impressiona; restano esclusi i punti coperti dai corpuscoli di meteorite, che, una volta sviluppato il fotogramma, appaiono come luminosi punti bianchi sul nero. La polvere di meteorite, eco di una “costellazione morta”, disintegrata miliardi di anni fa, dà vita sulla carta a una nuova costellazione, immaginaria, dadaista.
Creando un ideale teorico e mitopoietico, il curatore pone i due artisti all’interno di un dialogo a distanza che, a ragione, diremmo alchemico, dove le linee di passato e futuro si intersecano in complesso simbolismo che sembra superare e cancellare quella linea nera che sta tra tutte le cose, in cui il presente continuamente si scinde in passato e futuro. Un tunnel energetico che affascina sia per gli oggetti indagati quanto per lo spessore della loro realizzazione. (Paola Pluchino)

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