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Gli anni ’80 al secondo piano. Da Casa Vuota a Roma, le dimensioni parallele di tre artiste

di - 30 Marzo 2019
“A destra, secondo piano!”: è questa la frase che si sentiranno rispondere anche oggi i visitatori di Casa Vuota, ogni volta che citofoneranno all’interno 4A del numero 12 di via Maia a Roma. Se qualcuno si attardasse al citofono chiedendo “È qui la festa?”, si sentirebbe rispondere sempre “A destra, secondo piano!!”. Ma attenzione, nessuna voce registrata o effetto disco rotto (tra l’altro risponde quasi sempre uno dei due padroni di casa, Francesco Paolo Del Re e Sabino de Nichilo). L’indicazione, utile per non sbagliare scala e per non infastidire gli altri condomini del palazzo, è infatti anche il titolo scelto per la mostra di Casa Vuota incentrata sul tema della “festa”.
Oggi il suo finissage. Per chi non l’avesse ancora visitata è, pertanto, l’ultima occasione per fare un salto in quella enigmatica dimensione parallela inscenata nello spazio espositivo domestico del Quadraro, dalle opere delle artiste Natascia Abbattista (Varese, 1977), Mariantonietta Bagliato (Bari, 1985) e Patrizia Piarulli (Trani, 1977). Il tutto sotto la puntuale regia di Santa Nastro, a cui va anche il merito di aver colmato, con la propria curatela, qualche ingenuità di alcune delle protagoniste. Comunque, tutte emergenti meritevoli di essere tenute d’occhio.
Ma attenzione a quello che leggerete in giro su questa mostra, se volete farvene un’idea prima di andare a vederla oggi pomeriggio. Se chi l’ha recensita si è attenuto al comunicato stampa, avrà scritto – più o meno – che “la mostra rievoca le memorie che tutti conserviamo delle feste in casa che hanno attraversato la nostra vita. Le artiste ne ripercorrono i diversi momenti concentrandosi su cosa accade quando la festa finisce. La malinconia delle sue tracce e dei suoi resti che si accumulano diventa un’allegoria della vita stessa e sottolinea la precarietà e l’inafferrabilità di ogni istante”. Tutto vero. Questa mostra riflette indubbiamente su quella riserva di memoria, talvolta persino crudele, collegata alle feste cha ciascuno di noi ha vissuto.
Però si spinge ben oltre, a mio avviso, fino a fare letteralmente (mi si perdoni il gioco di parole) “la festa” agli anni Ottanta. Complice l’anagrafe delle artiste invitate. Negli autoscatti (“Sad Party / Festa Triste”) di Natascia Abbattista, come nelle grandi installazioni in stoffa di Mariantonietta Bagliato o nella serie di oggetti di uso comune e di suppellettili di Patrizia Piarulli riverberano, infatti, quegli anni nel costume dei paninari o dei dark; in musica dei Duran Duran, degli Spandau Ballet, della raffinata ironia di Lucio Dalla o della neometafisica di Franco Battiato; in filosofia del “pensiero debole” di Gianni Vattimo insieme a Pier Aldo Rovatti; in tv degli spot tormentoni; nella moda della seducente imprevedibilità di Gianni Versace; in poesia del presente disperso di Maurizio Cucchi; in letteratura delle indagini sui rapporti del visibile e del dicibile di Antonio Tabucchi; nel cinema dei tormenti interiori di Wim Wenders o di Werner Herzog. Fino all’estetica televisiva di Twin Peaks. Sì, soprattutto Twin Peaks.
Così a Casa Vuota, muovendosi tra le sue stanze lungo il percorso espositivo di “A destra, secondo piano!”, sembra di potersi imbattere, all’improvviso, dietro una porta, in una grande tenda rossa, un pavimento a zig zag con motivi banchi e neri che si rincorrono all’infinito, oppure nel nano danzante o nella signora ceppo ideati da David Lynch e Mark Frost.
A ricordarci che gli anni Ottanta sono stati, insomma, l’inizio di tutto quello che siamo adesso e per questo sono, indipendentemente dal fatto di averli vissuti oppure no, il jukebox della festa sempre acceso della nostra vita in questo afono inizio di terzo millennio. (Cesare Biasini Selvaggi)

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